Dal tempo della sua fondazione la Chiesa di Roma aveva assunto su di sé il compito di mediare tra le verità rivelate ed il popolo dei fedeli, facendosi carico di interpretare, nei modi che avesse ritenuto necessario, le Sacre Scritture ed in particolare il Nuovo Testamento.
Fondando sull’autorevolezza della propria posizione la credibilità della dottrina di cui si faceva portatrice, la Chiesa ebbe modo di non entrare nel merito di spiegazioni riguardanti le immagini ed i riti presentati nel Vangelo, semplicemente illustrandole e replicandole nel corso delle funzioni religiose.
Tale situazione si protrasse per un lungo periodo, e fu soltanto con il confronto, fattosi più serrato in epoca medievale, con le chiese a lei antagoniste, le cosiddette “eresie”, che la Chiesa romana si mosse in varie direzioni per riaffermare il primato della dottrina cattolica nel panorama religioso che si stava a quel tempo delineando.
Va interpretata in questo modo l’iniziativa intrapresa da papa Urbano IV nel 1264 con la promulgazione della bolla Transiturus de hoc mundo che, riconoscendo il miracolo eucaristico di Bolsena (1), istituiva la solennità del Corpus Domini come festa di precetto, scegliendo di celebrare con essa la reale presenza di Cristo nell’Eucarestia.
E se da un lato, con questo atto, si cercava di serrare le fila del cattolicesimo praticante attorno ai sacramenti per far fronte comune dinnanzi alla diffusione di ritualità alternative soprattutto di matrice catara, dall’altro veniva ribadita una lettura del messaggio sacro in chiave puramente miracolistica, a conferma del primato della visione dogmatica dell’attività apostolica rispetto all’accoglimento di posizioni più aperte in direzione di un’interpretazione spirituale della realtà vista nel suo insieme.
Da allora la posizione della Chiesa romana sul tema dell’Eucarestia non è mutato, e contando sull’importanza dedicata all’apetto rituale di tale funzione, essa continua tuttavia a costituire il momento centrale attorno a cui ruota il periodico incontro con i fedeli nel corso della celebrazione della Messa.
Eppure, proprio di fronte a ciò che di sorprendentemente importante nel rito eucaristico dovrebbe avvenire, che nel linguaggio teologico si definisce Transustanziazione (2), era ed è lecito sollevare qualche dubbio sulla sua efficacia, soprattutto in virtù del fatto che l’effetto di tale trasformazione dovrebbe essere determinata dalle parole del sacerdote officiante la messa.
È lecito infatti chiedersi quale tipo di qualità animica, di purezza, e di livello coscienziale debbano essere a disposizione di quel sacerdote perché egli possa compiere trasformazioni di tale portata, che debbano necessariamente aggiungersi alla, indiscutibile quanto formale, autorità riconosciutagli dalla Chiesa.
E quale significato può avere per noi oggi un gesto del genere, perché non ci appaia la semplice ripetizione rituale del passaggio descritto nei Vangeli a proposito della Cena pasquale?
È stato detto di come, tutto ciò che viene raccontato nei Vangeli, sia realmente accaduto in Palestina circa duemila anni fa, e di come tale racconto, e le spiegazioni che questo contiene, corrispondano a Verità.
Partiamo allora da questo fatto ed ammettiamo che l’Essere Spirituale incarnatosi come Cristo nella figura di Gesù di Nazareth abbia realmente spezzato il pane di fronte ai discepoli per poi distribuirlo loro.
Ma che cosa intendeva dire quando ha aggiunto che quello era il « suo corpo » che era stato « dato per loro » e che ripetendo quel gesto avrebbero dovuto quindi ricordarsi di Lui?
Per proseguire, e provare a rispondere a queste domande, conviene a questo proposito ricordare un aspetto importante che riguarda il Cristianesimo delle origini, che ne evidenzia, in continuità con le principali forme di culto che l’avevano preceduto, il suo carattere solare.
Un aspetto questo che era già chiaramente presente nella cultura religiosa dell’antica Persia, cui si richiama l’immagine del dio creatore Ahura Mazda, e poi in quella egiziana, riconoscibile e riassunta nella figura di Rha, il dio del Sole di Eliopoli poi associato ad Amon per divenire la divinità più importante del pantheon egizio.
Anche nel Cristianesimo originario vi era dunque, come carattere fondante, il riconoscimento del fatto che nell’Essere Solare vi fosse la manifestazione cosmica della spiritualità creatrice del nostro universo, e tale concezione è stata mantenuta viva, ad opera della componente maggiormente spirituale della Chiesa, fino alle soglie del Rinascimento.
Testimonianze evidenti di tale riconoscimento si trovano ancora nell’iconografia sacra, ed in particolare nei rosoni delle chiese medievali, dove alla rappresentazione del disco solare, la grande apertura che porta luce all’interno della navata, viene spesso accostata l’immagine del Cristo circondato dai quattro angeli-evangelisti nell’atto di compiere la Creazione (3).
Era quindi il Cristo-Sole, in questa visione profonda, ad assicurare all’umanità presente sulla terra quella luce e quel calore che permetteva a tutti gli esseri di vivere e crescere in un ambiente loro favorevole, e che aveva come controparte ostacolante il freddo notturno con la sua avvolgente oscurità.
Ma, ritornando alle frasi dette dal Cristo in quell’occasione, chiediamoci allora in che modo, esattamente, potesse avvenire quella trasformazione.
In che modo, concretamente, il corpo del Cristo potesse diventare pane da distribuire tra gli uomini.
Domandiamoci anche dove è possibile riconoscere, con evidenza, che tale processo sia avvenuto o che ancora avvenga.
Si sa che noi uomini del XXI secolo vogliamo innanzitutto capire come stanno realmente le cose e che l’accettazione della veridicità di un dogma, non accompagnato da spiegazione alcuna, non rientra più nel nostro orizzonte.
Ed è anche per questo motivo che, mosso da una ferma spinta conoscitiva, il pensiero scientifico si è sviluppato con tale vigore negli ultimi secoli, seppure accettando il rischio di intraprendere percorsi tortuosi ed apparentemente senza via d’uscita, rinunciando temporaneamente all’unitarietà del sapere e lasciando prevalere lo studio analitico dei fenomeni a scapito di una visione maggiormente sintetica.
Eppure è proprio da una spiegazione «scientifica» che giunge inaspettatamente in nostro soccorso, in questa circostanza, una descrizione di tutti i passaggi di un processo grandioso che quotidianamente avviene e che permette a tutti gli esseri presenti sulla terra di vivere grazie ad uno scambio vicendevole di doni reso possibile proprio dalla presenza del Sole.
Tale processo è, se visto dal punto di vista della scienza moderna, una trasformazione chimica di dimensioni colossali.
Un processo vitale che conduce ad una produzione di energia pari a sei volte il fabbisogno annuale dato dai consumi dell’uomo.
Un fenomeno che, coinvolgendo tutti gli esseri che vivono nell’atmosfera terrestre, è stato classifificato con il nome di fotosintesi clorofilliana.
La fotosintesi è un inseme di trasformazioni che si compie senza interruzione sulla terra fin dai tempi remoti della sua costituzione.
Inizialmente essa si svolgeva soltanto grazie al contributo delle piante marine. Solo in seguito la sua azione si è allargata anche fuori dall’acqua coinvolgendo felci, muschi, alberi ed, infine, tutte le piante che crescevano sulla terra.
Ma cosa avviene in pratica nel corso della fotosintesi?
Avviene che le foglie delle piante, che non a caso si rivolgono sempre in direzione del Sole, essendo conformate apposta per accoglierne i raggi si comportano come se fossero qualcosa di simile a dei piccoli laboratori chimici.
Esse accolgono e trasformano in energia chimica ciò che ricevono dal Sole ogni giorno, nel corso di tutto l’anno.
Tutto il processo della fotosintesi si svolge, nel suo insieme, attraverso una serie di reazioni chimiche complesse che avvengono nella pianta durante il giorno sotto la spinta dell’azione del Sole.
Le foglie assorbono attraverso i loro stomi ( i forellini presenti sulla loro superficie) l’anidride carbonica (CO₂) presente in atmosfera.
Grazie all’azione della clorofilla (la linfa verde che scorre nelle piante) si attiva la fissazione del Carbonio presente nella CO₂ e la formazione del Glucosio (uno zucchero semplice).
Lo zucchero viene a sua volta trasformato dapprima in Amido, accumulandosi nella pianta, e quindi anche in Cellulosa, che è la sostanza che permette la crescita delle piante andando a formarne le fibre ed anche trasformandosi in legname.
Il cosiddetto «Ciclo del Carbonio» si completa quindi con la liberazione di Ossigeno (O) in atmosfera, che avviene sempre attraverso gli stomi nei termini di una reazione chimica che può essere sintetizzata con la seguente scrittura:
In questo modo, oltre ad essere fonte di energia trasformata, la fotosintesi rende disponibile il Carbonio per tutti i composti organici (grassi e proteine) degli organismi viventi.
Se si osserva poi il processo della panificazione si può riconoscere come una trasformazione chimica aggiuntiva, operata dall’uomo, possa portare a compimento quello che può essere considerato il dono offerto dal Sole agli esseri umani viventi sulla terra.
Il Sole, per parte sua, distribuisce indistintamente la propria sostanza cosmica quotidianamente a tutti gli esseri. Sostiene ed alimenta con luce e calore la vita sulla terra letteralmente disgregandosi un po’ alla volta e diffondendosi nel cosmo.
Tale sostanza emessa dal Sole, addensandosi sulla terra in modo particolare nei semi dei cereali grazie al processo della fotosintesi, si rende direttamente disponibile come alimento fondamentale per tutti gli uomini che sono in grado di trasformarla in pane.
Cosicché il pane risulta effettivamente essere il corpo del Cristo-Sole, che gli uomini si occupano da sempre di trasformare in alimento comune ripetendo inconsapevolmente quel gesto archetipico (lo spezzare ed il distribuire) raccontato nei Vangeli.
Antiche tradizioni segnalano significativamente una particolare vicinanza tra il Frumento ed il Sole, una sorta di affinità originaria, che, se trasferita al regno dei minerali trova nell’Oro il metallo corrispondente.
Il pane veniva offerto alla Domenica, nel giorno del Signore (Dominus). E quell’offerta doveva essere fatta in Sua memoria.
Ma che significa quindi quell’invito a ricordare, che il Cristo sollecita nell’atto della distribuzione del pane ai discepoli durante la Cena di Pasqua?
Significa chiaramente non tanto il ricordare astrattamente la figura di Cristo che compie un certo rito dinnanzi agli Apostoli, quanto il ricordare proprio quel gesto («fate questo») dello spezzare e del distribuire che rappresenta appunto il Cristo (l’Amore puro che opera nel mondo) che agisce secondo una modalità che è essa stessa divina.
Il Cristo chiede agli Apostoli, che in quella circostanza rappresentano tutti gli uomini, di ricordare che, come descritto dal quel gesto, tutto ciò che accade avviene per Amore. Perchè è l’Amore stesso che ha messo in moto tutto il processo vitale in cui siamo immersi ed in cui, inconsapevolmente, interpretiamo la nosta parte. Ecco perchè dobbiamo cominciare a ricordarcene.
La nostra scienza contemporanea ci ha descritto la fotosintesi illustrandoci, forse senza neppure volerlo, come l’azione solare diventi un dono integrale ed essenziale in un gesto che può essere visto come una forma di creazione attiva e permanente.
È veramente un gesto di creazione suprema quello che spinge l’Essere Solare a distribuire sé stesso per la nascita e la crescita di innumerevoli altri esseri pensati a propria immagine.
Un gesto di Amore puro, disinteressato e vivente, archetipico e messo in atto dal Cristo–Creatore perché ce ne ricordassimo e lo sentissimo vibrare dentro di noi, riconoscendolo nei passi delle Scritture ma anche semplicemente negli episodi della vita quotidiana, nel pranzare assieme, nello spezzare il pane.
Un gesto che va ben al di là della ripetizione di un rito del quale si è reso incomprensibile il significato, e che innesca invece la capacità di riconoscere il circolo virtuoso nel quale tutti gli esseri sono nella condizione di svolgere un compito preciso.
Un circolo in cui ciascuno dona e riceve, e tutto si trasforma ritmicamente, come se la Terra stessa respirasse (ed in effetti respira) insieme a tutti gli esseri che vivono insieme ad essa.
Di questo occorre ricordarsi. Del fatto che tutto è collegato e che a partire da un grande gesto d’Amore è cominciata la vita in cui tutti un giorno opereranno consapevolmente per la loro parte.
Questo avverrà in un mondo finalmente popolato dagli uomini nuovi, che saranno simili a coloro di cui il Cristo in Palestina amò circondarsi, e che sapranno vivere in una realtà di collaborazione fattiva e creatrice, in cui li donare sarà considerato più utile, e realmente più vantaggioso, rispetto al ricevere.
NOTE :
1) Secondo la tradizione, nel 1263 a Bolsena (VT), durante la celebrazione dell’Eucarestia, un’ostia cominciò a sanguinare ed alcune gocce di sangue caddero sul pavimento in marmo le cui lastre furono conservate in seguito come reliquie.
2) Il termine si riferisce a ciò che si considera il passaggio totale della sostanza del pane e del vino in quella del corpo e del sangue di Cristo.
3) Vedi anche, per approfondire, in questo stesso sito :