In occasione della nascita della scuola destinata ai figli degli operai della fabbrica di sigarette Waldorf-Astoria con sede a Stoccarda, avvenuta nel 1919, Rudolf Steiner tenne un ciclo di conferenze dirette agli insegnanti che in quella scuola avrebbero dovuto insegnare.
Si trattò di un vero corso di formazione accelerato (della durata di 14 giorni) articolato in lezioni frontali e sessioni di tirocinio distribuite nell’arco di intere giornate di lavoro, che precedette di qualche giorno l’inaugurazione di quella singolare scuola.
Programmate quotidianamente in apertura di giornata, le lezioni di “antropologia”, incentrate sullo studio dell’uomo per la conoscenza dell’essere umano nella sua interezza, furono poste da Steiner alla base dell’intero corso, facendo poi derivare da quelle i vari approfondimenti riguardanti la didattica e le esercitazioni di tirocinio.
Nel corso della prima conferenza, in cui Steiner compone quello che può essere definito il quadro d’assieme destinato a contenere i vari argomenti che si sarebbero succeduti nell’arco delle due settimane di lavoro, l’essere umano è presentato nella sua doppia natura, sia materiale che spirituale.
Esso appare come particolare punto di incontro tra un’entità animico-spirituale, che al momento della nascita discende in terra da una dimensione superiore, ed una linea ereditaria di natura fisica, portatrice di una serie di caratteri maturati nel corso di generazioni, che si unisce alla prima fondendosi in un’unica individualità.
Il quadro si arricchisce poi di un’indispensabile “apertura” verso il Mondo dello Spirito, che avviene attraverso il riconoscimento del ruolo degli esseri appartenenti alla terza gerarchia angelica, dai quali è svolto il lavoro di “preparazione” della discesa in terra del fanciullo e che precede il momento della nascita.
A tale scenario si aggiunge l’indicazione rivolta ai futuri maestri affinché si affidino alla guida degli arcangeli ed affinché maturino una visione evolutiva della storia dell’umanità tale da poter riconoscere i caratteri dell’epoca presente.
Nell’epoca che attualmente viviamo, detta epoca micheliana o « dell’anima cosciente » ed iniziata sul finire del XIX secolo, si manifesta infatti un progressivo concretizzarsi nell’anima umana di forze coscienziali dirette al bene, poste a confronto con le consistenti forze di natura egoistica ereditate dalle epoche precedenti, e destinate in futuro ad essere trasformate.
La missione educativa assunta dai maestri si configura quindi come il tentativo di accompagnare e, per quanto possibile, guidare l’armonizzazione delle due nature, animico-spirituale e fisica, dell’essere umano dopo che queste si sono incontrate al momento della nascita.
A supporto di questo lavoro di armonizzazione possono intervenire i due aspetti fondamentali che debbono essere oggetto di studio e lavoro da parte del pedagogista, che sono : la “respirazione interiore”, attraverso cui il bambino impara ad accogliere l’animico spirituale entro la sua vita fisica, e l’alternanza ritmica tra sonno e veglia, cui il bambino va abituato perché il sonno cominci ad essere strumento di elaborazione e trasformazione delle esperienze vissute in stato di veglia.
La figura del maestro ed il suo “essere presente” di fronte alla classe, segnala Steiner, conta in effetti di più rispetto al contenuto di ciò che il maestro svolge in ambito didattico. È quindi di grande importanza per il maestro guidare i propri pensieri in modo che l’idea fondamentale dell’”uomo in divenire” sia sempre presente e viva in lui, e gli dia le forze necessarie a contrastare le spinte egoiche attive nella sua anima provenienti dalla dimensione fisica inferiore.
È bene, infatti, che il maestro sostenga sempre la propria attività con pensieri alti e forti, in modo da dare sostanza ad una vera relazione spirituale con gli allievi.
È bene che egli conservi viva l’idea della propria incarnazione come scelta consapevole e come occasione da non sprecare per compiere azioni e cambiamenti non perseguibili se non nella dimensione terrena.
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Dopo le diverse premesse introduttive al tema della pedagogia ed al compito assunto dai maestri riportati nella conferenza iniziale, il corso si articola nell’indagine dell’entità umana. Esso si svolge seguendo un determinato ordine gerarchico, costuito sulla base della caratteristica natura tripartita dell’essere umano.
Iniziando con il descrivere il funzionamento dell’anima umana, del luogo cioè in cui forze e qualità di natura superiore confluiscono interagendo e trasformandosi nell’incontro con le sollecitazioni provenienti dall’esperienza terrena, Steiner passa a riconoscere gli aspetti legati alla presenza dello spirito nell’uomo, per poi arrivare, nell’ultima parte del ciclo, a dare, con la descrizione del corpo fisico e della sua formazione, un’immagine di ciò che si può in effetti considerare come la manifestazione visibile di processi già avvenuti ed in corso di svolgimento nella dimensione animico-spirituale.
Nella seconda conferenza Steiner inizia col presentare una visione complessiva e sintetica della vita dell’anima, introducendo alcuni temi destinati ad essere ulteriormente sviluppati nelle conferenze successive.
Si parte dalle tre grandi facoltà di origine celeste: il pensare, il sentire ed il volere, che vengono accolte in modo particolare nell’anima dell’uomo e che quindi attivano tutti i processi di crescita e trasformazione dell’entità umana.
L’analisi mostra allora quanto segue:
l’attività di pensiero, già molto presente nell’uomo, si svolge in effetti su un piano di rappresentazione, in una condizione cioè in cui la realtà non è vista per ciò che essa è ma come rispecchiamento di esperienze già vissute in una fase prenatale.
La volontà, a dire il vero molto meno presente nell’uomo rispetto al pensiero, si presenta invece come germe di qualcosa che è destinato a realizzarsi in un futuro post-mortem ad un livello spirituale-animico.
Ed è soltanto il sentire, attività che si pone in posizione mediana tra rappresentazione di ciò che viene dal passato e volontà che ancora non riesce a realizzarsi, a coincidere con la vita fisica dell’uomo, giacché noi viviamo circostanze fatte principalmente di sensazioni e sentimenti.
Ma come si esplica questa attività del sentire, con cui noi facciamo esperienza del mondo circostante e di noi stessi ? Quale particolare strumento ci è stato dato “in dono” dalle gerarchie superiori perchè noi entrassimo nel mondo attrezzati per trarre vantaggio e motivi di crescita da ogni situazione o incontro che ci fossimo trovati a dover affrontare ?
Il sentire, ci spiega Steiner, si realizza secondo una modalità regolata dall’alternarsi ritmico di moti di simpatia ed antipatia verso le cose che l’uomo incontra nella sua esperienza quotidiana, siano esse sensazioni, situazioni, fatti o persone.
L’uomo vive in pratica il suo mondo in una continua alternanza di moti di avvicinamento/partecipazione ed allontanamento/rifiuto rispetto a ciò che incontra, mettendo in atto una sorta di “respirazione conoscitiva” che gli permette di prenderne, progressivamente ed attraverso una ricerca di equilibri, le giuste misure.
La conoscenza, derivante dall’attività di pensiero che lavora su immagini riflesse provenienti dal nostro passato, si forma quindi da una presa di distanza (antipatia) dall’oggetto del conoscere, che per essere obbiettivamente conosciuto deve essere osservato “da fuori”.
L’azione, il gesto volitivo che ha natura di germe, nasce invece da un moto di fiducia ed apertura (simpatia) verso le cose del mondo e la possibilità di trasformarle in qualche cosa di meglio di ciò che sono.
La conoscenza può, anzi deve, per essere tale, consolidarsi in memoria e condurre quindi alla formazione del concetto.
Dalla volontà, animata dal desiderio di trasformazione positiva, sorge invece la fantasia, destinata a sua volta a consolidarsi in immaginazione.
Risulta quindi in conclusione che se i processi mentali hanno la loro origine dalla rappresentazione di esperienze avute in passato, la percezione sensibile, che si associa per sua natura con un’indispensabile apertura verso il mondo, nasce dalla spinta volitiva diretta al futuro.
Steiner accenna poi ad una corrispondenza presente tra attività dell’anima e processi fisici, che verrà poi ripresa ed approfondita più avanti, indicando come da un lato l’azione sottile dell’elemento pre-natale/rappresentativo abbia portato alla formazione del sistema nervoso, e dall’altro l’elemento della volontà trovi una corrispondenza nella densità e vitalità del sistema sanguigno.
Egli riconosce poi, nella tripartizione del corpo fisico, una ulteriore corrispondenza (o meglio polarità) tra la testa, cui fanno capo i processi mentali di antipatia, e le membra/arti, che sono collegati con l’azione, al legame col cosmo ed ai processi di simpatia, individuando per conseguenza nel tronco/parte mediana l’elemento di incontro-scambio a livello fisico tra i due poli.
A livello di indicazioni pedagogiche Steiner opera qui una prima sintesi rispetto a quanto suggerito dallo studio antropologico, mostrandoci come il lavoro educativo fondato sull’esercizio della volontà abbia nel bambino effetti diversi rispetto ad un lavoro incentrato sull’attività di rappresentazione, e che tali effetti arrivano a mostrarsi anche a livello fisico.
Se infatti da un lato risulta come un lavoro che ha per oggetto la formazione di concetti e nozioni astratte, agendo a livello intellettuale, trovi riscontro in processi fisici di indurimento e formazione di anidride carbonica nel sangue, viceversa una didattica che faccia uso di immagini ed inneschi processi di fantasia inserendoli in un’attività corporea operi effetti di conservazione dell’ossigeno che si traducono in apertura verso situazioni a venire orientate alla spiritualità post-mortem.
Steiner ricorda, arrivati a questo punto, come le conoscenze del maestro debbano essere il più possibile approfondite sui temi della realtà soprasensibile, pur senza che debbano essere trasmesse come tali ai bambini.
E nella terza conferenza egli segnala come ai bambini andrebbe piuttosto trasferita la capacità di comprensione della natura e dello spirito, in modo tale che la presenza in essi delle leggi spirituali abbiano poi la possibilità di trasparire indirettamente.
Impegnato nel suo lavoro di autoformazione il maestro deve invece avere ben presente davanti a sé l’immagine della condizione umana nel suo carattere tripartito. E questa gli deve apparire nel suo stato di continua ricerca di un equilibrio tra il passato, cui fanno capo le attività rappresentative e di pensiero (cui si associano fisiologicamente processi nervosi di disgregazione e morte), ed un futuro che trova corrispondenza con l’attività della vita sensoria (associata ai processi sanguigni) generata, questa volta, da una volontà vivente.
Ed in una situazione apparentemente duale nei confronti della natura, in cui si trovano sempre compresenti processi di morte e processi di vita, il pensiero del maestro trova la sua libertà nell’attività del puro spirito (che coincide nei fatti con l’esercizio dell’amore puro – n.d.r.) che riesce a liberarsi per forza propria dai vincoli sia di tipo concettuale (i condizionamenti – quelle che nel Vangelo sono le leggi dell’Antico Testamento osservate dai farisei – n.d.r.) sia di tipo sensoriale provenienti dalla dimensione fisica (le passioni derivate dall’animalità ancora presenti nell’attuale condizione umana).
Sorge così un’immagine in cui l’attività dello spirito appare come se fosse forgiata in quest’equilibrio, e tale da generare ex-novo sostanze e forze.
In uno scenario in cui l’uomo non è più semplice spettatore della vicenda terrestre ma diventa protagonista sul modello della visione divina e trinitaria dell’evoluzione cosmica, in cui il Padre (rappresentante il progetto e le leggi), il Figlio (la vera forza creatrice e di trasformazione) e lo Spirito Santo (l’azione morale nel mondo) operano all’interno di un superiore equilibrio.
Ma se di fronte all’esame dell’attività di pensiero, con cui abbiamo, come umanità, maturato una certa familiarità, sembra più facile orientarsi e trovare riscontri collegati alla nostra diretta esperienza, cosa si può dire invece a proposito dell’origine e della natura intrinseca della volontà ?
Steiner, nella quarta conferenza, descrive la volontà come “sentimento attuato”, così come, d’altra parte, ci dice che il sentimento può a sua volta essere interpretato come “volontà trattenuta”, ribadendo in questo modo la collocazione contigua della volontà rispetto alla sfera dei sentimenti e la sua tendenza a germogliare e svilupparsi in una prospettiva futura.
Operando quindi un’indagine scientifico-spirituale sull’origine della volontà, ed andando indietro nella sequenza evolutiva percorsa dagli esseri viventi, Steiner ne individua traccia nella natura animale dove essa può essere riconosciuta nel suo configurarsi come un istinto.
La volontà era dunque, in origine, una pulsione indotta e guidata dall’esterno, ad opera di Potenze superiori, che addirittura si rispecchiava, nel caso degli animali, nel loro aspetto fisico (gli animali possono essere visti come immagine di ciò che fanno), e che era caratteristica di gran parte dei comportamenti (evidentemente eterodiretti – come descritto nella tradizionale immagine scritturale del popolo-gregge – n.d.r.) assunti in tempi remoti da un’umanità originaria.
Nel corso dell’evoluzione, attraversando l’organizzazione tripartita dei vari corpi dell’uomo, la volontà-istinto di partenza si è dapprima trasformata, ad opera del lavoro svolto dal corpo eterico, in una spinta più profonda (impulso), divenendo una costante del carattere e progressivamente individualizzandosi, per poi trasformarsi nuovamente ed ulteriormente in brama, cioè in una forma di desiderio incontrollato che appare e scompare sotto l’influsso del corpo astrale.
Da ultimo, e quindi nella condizione attuale, la volontà si è evoluta in motivazione, cioè in una forma di spinta consapevole ad operare prodotta dall’attività dell’Io, che, come sappiamo, è propria degli uomini ma non degli altri esseri appartenenti al regno animale ed agli altri due regni.
Essendo poi diretto al futuro, il processo evolutivo della volontà prosegue nella componente spirituale della natura umana (che risulta essere anch’essa tripartita e di cui possiamo per ora solo vagamente intuire le caratteristiche principali) dove si distingue in :
anelito, al livello della formazione del cosiddetto “sé spirituale”, proposito, al livello in cui opera lo “spirito vitale”, e risoluzione quando la natura umana, al termine del proprio percorso di crescita, si trova ad esser trasformata in “uomo-spirito”.
Il percorso evolutivo della volontà nell’essere umano è dunque lungo e, come fa notare Steiner, non privo di ostacoli, che si interpongono al suo affermarsi nei termini dell’emancipazione dagli istinti (da intendersi questi ultimi soprattutto come spinte incontrollate all’azione).
Uno di questo ostacoli, forse il principale, è rappresentato da quella forza occulta qui indicata come “seconda persona” (il cosiddetto “doppio” secondo un’espressione propria del linguaggio esoterico – n.d.r.) (1), cui Steiner accenna, che ha a tutti gli effetti, nella dimensione spirituale, il carattere dell’anti-angelo, cioè di quell’essere sempre individualmente presente nell’interiorità umana con il compito di deviarne pensieri e comportamenti in chiave antievolutiva. (2)
Steiner sottolinea qui l’importanza delle implicazioni pedagogiche derivanti da un corretto lavoro sulla della volontà nel bambino, che, se portato ad attuare esercizi di ripetizione inconscia potrà coltivare a poco a poco il sentimento di ciò che è giusto, e che quindi, se guidato nella ripetizione conscia di gesti opportuni, potrà coltivare direttamente l’impulso volitivo ed accrescere progressivamente in sé le forze della decisione.
Riprendendo poi il tema dell’attività conoscitiva condotta dalle varie forze operanti nell’anima umana, Steiner approfondisce nella quinta conferenza gli aspetti legati all’attività di sentimento.
L’attività del sentire, che occupa una posizione mediana tra il pensare ed il volere, agisce secondo questo punto di vista, a tutti gli effetti, come forza di mediazione.
Il sentire si “irradia” figurativamente nelle due direzioni intrecciandosi con pensiero e volontà, e portando a manifestazione quelle forze di simpatia e di antipatia che nel solo pensare e nel puro volere rimanevano nascoste a livello inconscio.
Come è facile immaginare, gesti di apprezzamento o di rifiuto divengono espressivi quando sono trasportati nell’ambito del sentimento, e divengono chiaramente riconoscibili quando, a livello corporeo, si manifestano nell’attività dei sensi fisici (un po’ allo stesso modo in cui ci è possibile apprezzare la morbidezza di un velluto e respingere la ruvidezza di un materiale abrasivo – n.d.r.).
L’incontro tra processi di simpatia ed antipatia trova una manifestazione fisica a livello di conformazione degli organi nei punti in cui i nervi ed i vasi sanguigni si congiungono nel sistema sensoriale.
Consegue da ciò l’implicazione che l’attività sensoria è sempre fortemente accompagnata dal sentimento, attraverso cui può agire in profondità sulla condizione dell’interiorità umana (basti pensare per esempio ai potenti effetti sullo stato d’animo che possono derivare dall’ascolto di una buona o di una cattiva musica – n.d.r.).
Comincia così a sorgere, da queste immagini, una prima idea più completa dei processi di conoscenza per come questi vengono sperimentati dall’uomo, secondo cui attraverso di essi il senso della realtà viene, in un certo modo, conquistato a poco a poco, a seguito di un compenetrarsi reciproco di pensiero riflesso ed osservazione sensoria che può avvenire per fasi successive sempre più approfonditamente.
Quando poi giungiamo ad interrogarci sul livello di “presenza” che gli uomini manifestano nell’esercizio delle tre facoltà dell’anima : pensare, sentire e volere, ci stiamo in effetti già occupando del grado di operatività dello spirito nell’individualità umana.
Ci stiamo cioè chiedendo in che misura lo spirito sia presente nel nostro pensare, nel nostro sentire e nel nostro volere.
Steiner inizia ad occuparsi di questa questione nella sesta conferenza, e ci fa notare come il conoscere pensante, attività dell’anima in cui l’umanità ha mostrato fin’ora i maggiori progressi, abbia normalmente luogo in uno stato di piena coscienza da parte degli uomini.
Non così avviene invece nell’attività del sentire, dove l’uomo risulta invece vivere in uno stato prevalentemente sognante (cioè soltanto parzialmente cosciente).
E del tutto diversa è la situazione nell’attività volitiva, in cui la coscienza umana si trova avvolta in uno stato di sonno (cioè totalmente assente rispetto ai processi in corso).
La spiegazione di questa attuale condizione dell’essere umano, apparentemente precaria o quantomeno solo parzialmente compiuta rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare, risiede in un’immaginazione di grande potenza che Steiner ci presenta, in cui ci appare un mondo pervaso da quelle stesse forze da cui esso è, in parte, sostenuto (in prevalenza forze vitali ma non soltanto quelle) e che l’uomo è in grado di attraversare con il proprio corpo fisico.
L’Io umano, pur trovandosi in quella situazione già presente e cosciente nella sua attività di pensiero, non è ancora in grado, essendosi formato da poco (rispetto alla storia evolutiva dell’uomo), di reggere la potenza di tali forze, che finirebbero per distruggererlo se da quelle egli non venisse, in qualche modo, preservato.
Per tale motivo, ad opera di una superiore Saggezza, l’Io viene ancora oggi fatto vivere immerso in un’immagine riflessa della realtà, che è quella su cui effettivamente “lavora” con la sua attività cerebrale producendo conoscenza pensante.
In modo analogo, anche nell’attività del sentire l’uomo non può ancora essere esposto alla realtà obbiettiva, e viene pertanto fatto vivere di esperienze “attutite”, in una condizione di coscienza che può appunto essere definito sognante.
Egli entra così in contatto anche fisico con la realtà in modo mediato, in modo paragonabile ad esempio con quello che avviene del caso della respirazione, in cui si mantiene attraverso l’alternanza di aria inspirata ed espirata un rapporto ritmico di unione e separazione tra corpo fisico e realtà esterna.
Anche sul piano fisico, seguendo la stessa immaginazione, l’essere umano non si presenta ancora pronto a penetrare con piena coscienza tutti i processi attivi nel movimento, che lo porterebbero a sperimentare livelli di sofferenza per lui insostenibili.
Quindi, nell’attività volitiva (cioè nel fare le cose), l’uomo non ha attualmente la possibilità di avere coscienza delle forze effettivamente utilizzate e consumate nel corso delle sue azioni e l’Io viene per questo motivo ancora mantenuto in uno stato di sonno coscienziale.
La vita dell’Io ordinario umano risulta in conclusione essere contrassegnata dalla presenza di immagini riflesse, che gli derivano dall’attività del pensare, da ispirazioni che nascono dallo stato sognante della coscienza collegato alla vita di sentimento, e da intuizioni del tutto inconsce che si formano nell’esercizio dell’attività volitiva in cui l’uomo si trova ad essere, pur senza esserne cosciente, pervaso di spiritualità.
Il processo del conoscere può allora, da un certo punto di vista, essere paragonato ad una successione di discese nel corporeo seguite da successive risalite, che si attua in una sorta di circolarità attraverso cui le intuizioni, provenienti dalla dimensione dello spirito, giungono talvolta a coscienza.
Ma come si svolge quindi, con più precisione, il processo del conoscere ? E quali sono gli stati di coscienza che ne distinguono i passaggi ?
Va detto innanzitutto, come sottolinea Steiner nella settima conferenza, che la conoscenza di qualcosa è sempre basata su di un confronto, sulla comparazione di due o più fatti che vengono in qualche modo accostati ed osservati nelle loro differenze.
Dopodiché è abbastanza comprensibile che il conoscere prenda l’avvio dall’attività dei sensi, che, attivandosi nella realtà esterna, manifestano, come si è visto, la loro natura volitiva.
Lo stato di coscienza corrispondente all’attività sensoriale è dunque compreso tra il sonno ed il sogno, che è caratteristico dell’attuarsi di un volere legato al sentire come ad esempio, nel bambino, vediamo spesso esprimersi in una forma di irrequietezza.
L’attivita dei sensi è, per parte sua, un fatto vivente in cui, sul piano fisico, la pelle, il sangue ed i muscoli hanno ruolo di schermo protettivo rispetto ad una realtà esterna di per sé troppo invasiva.
È infatti nella parte più interna del corpo, in corrispondenza delle cavità nervose, che le sensazioni vengono portate a coscienza.
Là dove la materia nervosa regredisce mineralizzandosi e lascia libero lo spazio necessario, le esperienze sensorie si trasformano per noi in rappresentazioni.
Lasciate addormentare, tali esperienze vengono poi riportate a coscienza in un processo di risveglio denominato normalmente come memoria, e dalla comparazione tra processi reali, non cioè confrontando formule o descrizioni verbali, ha modo di nascere la comprensione spirituale del mondo.
Parlare dell’attività sensoria porta inevitabilmente a riferirsi al tipo ed al numero dei sensi, cioè degli strumenti fisico-spirituali che sono a disposizione dell’uomo nel corso della sua esperienza terrena, di cui Steiner parla nel corso dell’ottava conferenza.
I sensi sono in totale dodici, e possono essere riferiti a ciascuna delle parti dell’essere umano identificata dalla sua organizzazione tripartita.
Vi sono i sensi basali, maggiormente collegati con l’attività del corpo fisico e la percezione, che sono identificati con il tatto, il senso della vita, quello del proprio movimento ed il senso dell’equilibrio.
Vi sono i sensi collegati con la vita dell’anima, e quindi maggiormente affini al sentimento, che sono l’olfatto, il gusto, la vista ed il senso del calore.
Vi sono infine i sensi considerati più spirituali, indicati anche come conoscitivi, che sono l’udito, il senso del linguaggio, il senso del pensiero ed il senso dell’Io dell’altro.
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Dopo aver parlato di ciò che avviene nell’anima umana, dei processi conoscitivi attivati dal meccanismo di simpatia ed antipatia e della condizione dello spirito in rapporto agli stati di coscienza con cui il pensare, il sentire ed il volere vengono esercitati nell’uomo, Steiner introduce il tema del corpo fisico, rispettando nella sequenza delle argomentazioni quella che è una gerarchia esistente nei fatti: a partire dallo spirito, passando attraverso l’anima, si discende quindi a conoscere la conformazione materiale dell’essere umano, tenendo presente come la sua forma esteriore sia in effetti manifestazione ciò che avviene nell’interiorità.
Nella nona conferenza si comincia così a mostrare come l’attività spirituale di pensiero possa agire sulle forze formatrici dell’essere umano richiamando l’attenzione sulla responsabilità che l’azione pedagogica deve assumere rispetto ai processi di crescita dell’uomo intero.
Partendo dall’osservazione del fatto che il tempo dell’istruzione è suddivisibile in tre settenni, dalla nascita ai 21 anni, cui corrispondono fasi di crescita e stati di coscienza differenti del bambino che diventa adulto, Steiner sottolina come l’operare del maestro debba necessariamente adattarsi, consapevolmente, a tali fasi.
Durante la fase del primo settennio, in cui vive un sentimento di incondizionata apertura verso il mondo che lui considera buono, memore inconsciamente dell’atteggiamento conservato come eredità della recente permanenza nei mondi superiori, il bambino conosce il mondo imitando il comportamento degli adulti che gli stanno attorno.
A partire dal secondo settennio il sentimento prevalente nel bambino diviene apprezzamento ed ammirazione di ciò che il mondo offre e che lui, vivendo pienamente la condizione presente, considera bello. Si unisce a ciò, da parte sua, il riconoscimento dell’autorità della guida adulta e del maestro in particolare.
Ed è soltanto con l’inizio dell’adolescenza e nel corso del terzo settennio che per il ragazzo nasce l’esigenza di sapere esattamente come stanno le cose e, con l’attenzione rivolta al futuro, di conoscere i modi in cui le situazioni possono anche essere trasformate.
È quindi da questo momento in poi che, per il ragazzo adolescente, il mondo diventa vero, e che, superata la fase in cui la fantasia serviva a scaldare e rendere vivente l’insegnamento, quest’ultimo può cominciare ad assumere il carattere dell’oggettività scientifica.
Il maestro quindi, pur utilizzando il pensiero logico nella sua personale attività conoscitiva (che abbiamo già definito come autoformazione), non può trasmettere ai suoi allievi “come tale” questa modalità di interpretazione della realtà che, fino al raggiungimento di una certa fase della loro crescita, non avrebbe modo di essere accolta positivamente. Deve perciò limitarsi a lasciar trasparire la presenza di una struttura logica di pensiero soltanto sullo sfondo dei suoi comportamenti e delle sue modalità di insegnamento.
Passando poi ad esaminare come effettivamente si svolge il processo logico di pensiero nell’uomo adulto Steiner indica come questo sia suddiviso in tre passaggi successivi: quello della conclusione, in cui ciò che si percepisce viene portato a coscienza e descritto con una specifica sentenza, quella del giudizio, che fondandosi sul confronto con esperienze precedenti perviene alla formulazione di una sentenza più generale, e quella del concetto, che, avendo carattere di sintesi, scende più in profondità nella coscienza “svincolandosi” in un certo senso da questa ed assumendo lo status di idea autonoma.
Soffermandosi quindi in particolare sui concetti, ed evidenziandone la speciale qualità spiritualmente “operativa”, Steiner fa notare che in certe condizioni essi possono assumere, come accennato all’inizio, una valenza formatrice sul corpo fisico essere umano, tanto da giungere ad affermare che ciò che i bambini assorbono come concetti, può riflettersi, in un tempo successivo, nella fisionomia dell’uomo divenuto adulto.
Steiner parla quindi chiaramente di “concetti viventi”, lasciando intendere come in realtà si tratti di esseri spirituali dotati di autonomia ed in grado di mutare nel tempo, individuando per loro natura molteplici caratterizzazioni non univoche di ciò che intendono rappresentare.
Ad essi contrappone i “concetti morti” che avendo invece un mero carattere di immobilità (come nel caso delle sentenze nozionistiche), non si sviluppano né evolvono nel corso della vita, trasformandosi in ostacoli per il processo di conoscenza nel caso in cui vengano trasmessi ai bambini.
Il corpo fisico umano riflette dunque nella sua organizzazione tripartita e nella sua forma esteriore ciò che nella dimensione animico-spirituale si è già formato ed agisce in modo invisibile.
La forma assunta da ciascuna delle tre parti in cui il corpo fisico è diviso, ci spiega Steiner nella decima conferenza, è quindi paragonabile a quella di una sfera che,come tale, è dotata di centro.
Il grado di completezza di ognuna delle parti rispecchia la gradualità temporale della formazione dell’uomo intero, mostrandoci ad esempio come la testa, sede dell’attività intellettuale, abbia forma compiuta e riconoscibile e contenga il proprio centro al suo interno.
La forma sferica e completa della testa fisica ci descrive dunque, immaginativamente, la presenza dell’Io nell’attività pensante .
Non allo stesso modo si trova la condizione del busto, che ricordando nella forma un arco di cerchio (o più propriamente di una falce di luna) mostra la propria incompletezza, non essendo la sfera di cui esso fa parte interamente visibile.
La posizione mediana del busto rispetto al corpo intero rispecchia l’attività di sentimento che le corrisponde e mostra visibilmente la parte corporea mantenendo non-visibile la parte animica. Il centro posto all’esterno della parte fisica–visibile testimonia della condizione di parziale presenza dell’Io nell’attività di sentimento.
Ancora diversa risulta essere la condizione in cui si trovano gli arti, la cui forma visibile si discosta apparentemente molto da quella della sfera.
A proposito degli arti Steiner fa un discorso particolare, indicando come la formazione delle ossa lunghe sia avvenuta per metamorfosi a partire dalle ossa del cranio.
Una metamorfosi avvenuta per rovesciamento tra superficie interna e superficie esterna ed in cui il centro della forma non trova più corrispondenza con un punto, come nella sfera, ma corrisponde esso stesso ad una sfera (sembra una contraddizione) all’interno della quale i raggi si tendono secondo direzioni diverse e rappresentano la parte visibile degli arti.
Questo centro degli arti, posto in questo modo a distanza infinita, rappresenta l’elemento spirituale che pervade tutto il cosmo ed in cui l’Io, come avviene per la componente volitiva dell’essere tripartito, non è ancora presente.
La coscienza della effettiva corrispondenza tra microcosmo e macrocosmo, presente nella visione spirituale degli antichi, viene indicata quindi da Steiner come necessaria al maestro che « deve conoscere dalle fondamenta gli avvenimenti storici della civiltà »: « Allora egli porterà il giusto rispetto alla figura umana, e nelle figure umane vedrà ovunque i rapporti col macrocosmo ». Allora egli potrà dire : « Noi siamo nell’aula scolastica, e ogni scolaro è un centro del mondo, del macrocosmo ».
Ed ancora: « Se non avremo simili sentimenti riguardo all’uomo e all’universo, non arriveremo ad insegnare in modo profondo e giusto ». (3)
– O –
Dopo aver fatto un quadro generale di come l’essere umano sia formato e di come le componenti animico-spirituali agiscano incontrandosi nel fisico e si manifestino nella forma corporea, dove trovano manifestazione visibile, Steiner introduce la descrizione di ciò che è strettamente connesso al processo di incarnazione del fanciullo, soffermandosi sul fatto che le condizioni di crescita in cui si trovano corpo fisico e corpi più sottili nei primi anni di vita risultano essere in un certo senso opposte tra loro.
Se infatti alcune parti del fisico si trovano alla nascita, da un punto di vista evolutivo, più formate di altre, non altrettanto si può dire delle componenti animico spirituali, che in alcuni casi non sono neppure presenti, trovandosi letteralmente ancora fuori dal corpo.
Come descritto nell’undicesima conferenza, nel bambino piccolo la testa si trova già fisicamente formata, ma la parte animica si trova in stato di sogno e la componente spirituale dorme ancora letteralmente.
Ed anche gli organi già formatisi nella testa dormono di conseguenza.
Viceversa nel petto gli organi fisici sono più vivaci rispetto a ciò che avviene nella testa, e per quanto riguarda gli arti si può dire che il bambino intero sia già sveglio sin dai primi anni.
Per questo motivo ci troviamo davanti al fatto che il bambino nei primi anni si dedica ad imitare i comportamenti di coloro che gli stanno attorno : non essendo, anima e spirito, ancora incarnati nel corpo del bambino e trovandosi invece nelle sue vicinanze, essi diventano affini a quelli di coloro che circondano il bambino, facendo nascere in quest’ultimo un’irresistibile tendenza all’imitazione.
Ecco ciò che dice qui Steiner a proposito del bambino nei primi anni :
« Questo il mistero dell’essere umano : quando nasce, lo spirito, nella sua testa, è già molto sviluppato, ma dorme ; l’anima pure vi è molto sviluppata, ma sogna. Essi debbono destarsi solo gradatamente. Nei soli arti invece l’uomo è completamente sveglio quando nasce, ma non è ancora sviluppato, non è evoluto. » (4)
È questo il punto nodale dell’indagine antropologica che Steiner presenta in questo ciclo di conferenze, e su cui in gran parte si fonda tutta l’impostazione della sua pedagogia da attuarsi nel corso di fasi distinte nell’arco dei primi tre settenni dalla nascita del fanciullo.
« Quello che noi dobbiamo sviluppare, dice ancora Steiner, sono le membra e, in parte, il petto, il tronco, poiché l’”uomo-membra” e l’”uomo-tronco” hanno poi il compito di risvegliare l’”uomo-testa”. Ora soltanto, dunque, vi dico qual’è la vera caratteristica dell’educazione e dell’insegnamento. Voi sviluppate l’”uomo-membra” e una parte dell’ “uomo-tronco”, e poi lasciate che l’”uomo-membra” e una parte dell’ “uomo-tronco” risveglino l’”uomo-testa” e l’altra parte dell’ “uomo-tronco”. » (5)
Questo compito particolare che Steiner assegna all’educatore, che si deve occupare di risvegliare qualità già presenti piuttosto che introdurne di nuove, apre paradossalmente la strada a un tipo di formazione del fanciullo che non pone limiti ai risultati potenzialmente raggiungibili, visto che operando soltanto su volontà e sentimento l’educatore può consolidare indirettamente nell’allievo qualità intellettuali già predisposte, che magari sono anche ben superiori alle proprie.
La strada per risvegliare qualità dormienti nel fanciullo si vale all’inizio di aiuti esterni, fra cui Steiner indica il latte, che è un alimento che nei primi anni ricopre esattamente questa funzione, e poi, riferendosi al collegamento tra l’atto del parlare e l’attitudine volitiva, si riferisce al ruolo del “genio del linguaggio”, espressione con cui egli identifica l’essere angelico che si occupa di favorire nel fanciullo l’uso della parola.
L’opera educativa che coinvolge membra e tronco deve quindi svilupparsi, ad opera del maestro, in modo “artistico”, tralasciando il ricorso a convenzioni astratte e privilegiando attività che mettono ritmicamente in gioco nel fanciullo il corpo intero sollecitando l’uso della fantasia.
La conoscenza delle forze di crescita in atto serve, in estrema sintesi, a non danneggiare il bambino in crescita e ad organizzare in modo equilibrato, anno per anno, le scelte educative.
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Il lavoro di indagine antropologica affronta quindi la condizione dell’uomo inserito nel mondo terrestre, nel rapporto con i tre regni della natura.
Steiner nella dodicesima conferenza esamina gli elementi comuni tra natura e uomo a partire dalle loro parti costitutive.
La testa (cui corrisponde il sistema cervello-sensi) è la parte che ha mantenuto una relazione privilegiata con il regno animale, che l’uomo ha in passato attraversato prima di innalzarsi alla sua attuale condizione. La testa “vorrebbe, in un certo modo, trattenere l’uomo nell’animalità” modificandone la fisionomia, senza però che tali pensieri, grazie all’azione equilibratrice di tronco ed arti, riescano ad arrivare ad espressione sul piano fisico.
Il tronco, e tutto il sistema mediano, è invece in rapporto con il regno vegetale. Il processo respiratorio in atto nell’uomo è infatti oganizzato all’inverso rispetto al processo attivo nelle piante, che viene denominato “fotosintesi clorofilliana”.
Laddove l’uomo assorbe ossigeno ed emette anidride carbonica, le piante fanno il contrario, e nel caso in cui anche nell’uomo il processo si invertisse e l’espulsione di anidride carbonica non potesse avvenire, si trasferirebbe in lui, con grave danno, una parte del regno vegetale.
Nel sistema degli arti, comprensivo di scheletro e muscoli, l’uomo entra infine in rapporto con il regno minerale.
L’assorbimento dei minerali tramite la nutrizione sarebbe dannoso per l’uomo se non entrassero in gioco le forze che presiedono al movimento degli arti e che di tali sostanze operano il dissolvimento.
Il senso di questo complesso scenario in cui l’uomo si affranca, in diversi modi, dal suo passato legame di appartenenza ai tre regni sta appunto nella posizione di preminenza e di responsabilità da lui assunta rispetto ad essi, che si esprime volta a volta nell’essere in grado di dissolvere in sé i minerali, nel suscitare l’opposto del regno vegetale ed infine nel superare sé stesso “spiritualizzando” il regno animale.
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Del tema riguardante il modo in cui lo spirito entra in rapporto con il corpo fisico dell’uomo Steiner riprende a parlare nella tredicesima conferenza, in cui ci descrive il modo in cui vere e proprie correnti animico-spirituali attraversino l’essere umano, modificandone la conformazione.
Lo spirito svolge, in effetti, un’azione disgregante sul corpo fisico attraverso il suo passaggio, e tale disgregazione viene, in qualche modo, compensata da petto ed addome che riforniscono il corpo di materia opponendosi alla sua distruzione.
Gli arti provvedono, d’altra parte, con la loro azione, ad assorbire la sostanza, eventualmente accumulata in eccesso, ripristinando una situazione di equilibrio.
Il formarsi di accumuli di grasso nel sistema petto-addome ostacola infatti il passaggio delle correnti spirituali relegando il sistema del capo in una situazione di isolamento. Diviene quindi indispensabile controbilanciare la tendenza ad ingrassare, nel caso in cui l’azione degli arti non fosse sufficiente, anche ricorrendo ad un tipo di alimentazione adeguata.
In aggiunta agli aspetti descritti occorre considerare che il flusso animico-spirituale attraversante l’uomo è anche all’origine della formazione del sistema dei nervi.
Tale sistema occupa, in effetti, gli spazi vuoti determinatisi con il riflusso di materia, avvenuto a seguito dell’azione degli sbarramenti fisici presenti nel corpo umano (pensiamo ad esempio a ciò che avviene nel cervello per effetto dello sbarramento opposto alla corrente dalla fronte ossea).
Nel vuoto creatosi con proprio il rifluire, la materia tende infatti a disgregarsi formando il nervo, che assume carattere di materia morta in seno all’organismo vivente.
Il nervo, che è di natura trasparente come lo è, ad esempio, il cristallo rispetto alla luce, si lascia attraversare dallo spirito consentendo a questo di lavorare nell’interiorità umana.
Lo spirito agisce quindi in noi (nell’attività di pensiero) servendosi in questo modo del nostro corpo, mentre allo stesso tempo noi ci muoviamo nello spirito (letteralmente nuotandovi con i nostri arti) nella realtà esteriore.
Avendo di fronte tali immagini Steiner può arrivare ad esprimere il paradosso secondo cui lo “spirito è corporeo” ed “il lavoro del corpo è spirituale”, considerando tuttavia che gli effetti risultanti da questo scambio reciproco tra spirito e materia dipendono dalla qualità del lavoro, sia esteriore che interiore, che viene fatto.
Allo stesso modo infatti in cui l’agire sensatamente (e dunque secondo dei principi morali) non costa la stessa fatica che disperdere energie in qualche attività fisica diretta ad ottenere un benessere personale, così un’attività di pensiero che non sia accompagnata da interesse continuato, sentimento e calore umano (pensiamo ad esempio alla forzata erudizione nozionistica) tende a consumare incessantemente materia organica impedendole di conservarsi in vita dentro di noi.
Arrivato alla quattordicesima conferenza, ed ultima del ciclo, Steiner riprende ancora una volta il tema della tripartizione nell’essere umano evidenziando l’importanza della sua comprensione per la fondazione di una vera « arte » pedagogica.
Quello che emerge dalle inconsuete descrizioni che vengono qui presentate del corpo umano e delle sue parti, le quali vengono continuamente poste a confronto tra di loro, è l’identificazione di corrispondenze precise che rimandano appunto alla tripartizione. Una tripartizione che viene sempre più intesa come legge costitutiva generale, come forma di organizzazione universale che unisce e mette in armonia le varie parti, ciò che è piccolo con ciò che è grande, microcosmo con macrocosmo, in una forma di superiore unità.
La testa fisica viene descritta come « essere umano completo », tripartita suddividendola nella sua parte superiore, nel sistema naso-respiratorio e nell’articolazione della mandibola.
In modo simile il torso umano trova le sue corrispondenze con l’uomo intero nel momento in cui il sistema gola-laringe rimanda a quello del capo ed, analogamente al medesimo, assume un ruolo nella formazione dei suoni e del linguaggio, mentre il sistema degli arti, soprattutto per il modo in cui questi sono innestati nel corpo fisico, corrisponde alla zona genitale ed alla sfera sessuale nell’uomo intero.
Vi è poi la rappresentazione di una grande testa « spirituale », in gran parte invisibile, in cui il torso e gli arti dell’uomo fisico corrispondono alla bocca, e sembrano perciò costantemente « scivolare » all’interno della « bocca della nostra spiritualità ».
Tale curiosa immaginazione sembra restituirci l’idea di uno spirito che, per crescere, richiede continuamente (ed è cosa che effettivamente avviene) ciò che Steiner chiama « il sacrificio della dedizione di noi stessi ».
Steiner chiude alla fine il corso con la raccomandazione di considerare l’importanza di tutto ciò che nell’anima del ragazzo adolescente è fantasia e calore interiore. E quindi con l’indicazione di ricorrere nell’insegnamento ad immagini il più possibile compenetrate di fantasia, anche là dove sembrerebbe impossibile farlo.
Egli invita quindi ad intensificare, negli ultimi anni di scuola, il vivere in comune tra maestro ed allievi, ricercando il più possibile accordo ed armonia. Evitando la pedanteria ed esercitando, consapevolmente, il giusto entusiasmo.
Entusiasmo che si può far nascere e discendere dal compenetrarsi di certe idee fondamentali, quali ad esempio, come si è descritto, quelle che spiegano come « ogni parte dell’uomo è essere umano completo ».
L’uso della fantasia, il coraggio di tenersi uniti con la verità ed il forte sentimento di responsabilità ad essa collegato diventano quindi attraverso le parole di Rudolf Steiner, le tre forze fondamentali che ci permettono si sviluppare, in senso spirituale, la nuova pedagogia.
NOTE :
1) Rudolf Steiner, « Arte dell’educazione I – Antropologia », Ed. Antroposofica, Milano, 2016. Pag. 70.
2) Vedi anche per approfondire:
https://ilquartore.wordpress.com/2019/11/12/noi-e-il-nostro-doppio-lutilita-nascosta-del-nostro-lato-oscuro/
3) Rudolf Steiner, « Arte dell’educazione I – Antropologia », Ed. Antroposofica, Milano, 2016. Pagg. 156-157.
4) Rudolf Steiner, ibid. Pagg. 160-161.
5) Rudolf Steiner, ibid. Pag. 161.