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Della pittura di Tommaso Cassai, detto Masaccio (1401-1428), s’è già scritto molto, e le sue opere conosciute, meno di una trentina in tutto, sono bastate a farlo riconoscere tra i protagonisti dell’arte del primo rinascimento italiano.
Vale tuttavia la pena di aggiungere ancora qualcosa sulla sua opera che possa aiutare, a partire da uno dei suoi dipinti più conosciuti, a comprenderne l’effettiva grandezza, che va al di là di quanto comunemente ritenuto.
Proveniente da una famiglia di artigiani, il giovane Tommaso studiò inizialmente da notaio su indicazione paterna.
Poco si sa degli anni della sua formazione artistica, come pure della sua prematura scomparsa, avvenuta all’età di soli ventisette anni.
Ciò che di particolare è stato notato da diversi biografi è la totale dedizione da lui dimostrata nei confronti dell’attività artistica, che costituiva il suo unico interesse, e che lo ha condotto a disdegnare “le cose del mondo” fino al punto di valergli, a causa dei modi distratti e trascurati da lui assunti, il soprannome di “Masaccio”.
La qualità elevata della sua pittura fu riconosciuta già dai suoi contemporanei, che ne notarono la vitalità e l’essenzialità, accostandolo, per grandezza, al predecessore Giotto.
Una pittura, la sua, che si allontanava nettamente dal decorativismo del “gotico fiorito” allora normalmente praticato, caratterizzandosi per: “vivacità dei colori, terribilità nel disegno, rilievo grandissimo nelle figure, et ordine nelle vedute degli scorti”. (1)
Della “Crocifissione”, tavola sommitale facente parte in origine del “Polittico di Pisa” (1426) ed ora conservata al Museo nazionale di Capodimonte, la critica mette in evidenza principalmente due aspetti: il primo, che riguarda le modalità di tipo compositivo, ed il secondo che è maggiormente legato alla caratterizzazione dei personaggi rappresentati.
Riguardo al primo aspetto l’attenzione viene posta innanzitutto sulla costruzione prospettica utilizzata per rappresentare la scena della crocifissione. In particolare facendo notare come l’effetto ottenuto da Masaccio ponendo in basso il punto di vista dell’osservatore sia stato quello di scorciare, da sotto in sù, la veduta d’assieme ed i singoli personaggi.
È noto infatti che, dato il posizionamento originario della cuspide del polittico ad una certa altezza rispetto al pavimento, la Crocifissione sarebbe stata visibile dal basso, e quindi le figure sarebbero risultate ulteriormente scorciate aumentando l’effetto sovrastante del dipinto.
La testa del Gesù, inoltre, appare incassata nelle spalle rispetto all’intera figura, dando così l’impressione, se vista dal basso, di essere reclinata in avanti.
Sempre riguardo alla composizione viene notato come le figure non siano disposte secondo una sequenza narrativa bensì collocate in modo da “ordinare” lo spazio della scena determinandone la profondità, in una sorta di dialogo tra volumi che si corrispondono geometricamente.
L’altro aspetto, quello riguardante la caratterizzazione dei personaggi, mette invece al centro dell’attenzione la drammaticità della scena rappresentata (la morte in croce di Gesù).
Ciò che qui viene fatto notare è il modo in cui i personaggi esprimono, con il loro atteggiamento, sentimenti di dolore, sconforto, disperazione, morte.
In particolare l’immagine della Maddalena, inginocchiata ai piedi della croce volgendo le spalle all’osservatore, viene colta nel compiere un gesto considerato di assoluta disperazione ed, almeno in un caso, indicata come la “più alta nota drammatica espressa in pittura dopo Giotto”. (2)
Ora, premesso che vale sicuramente la pena di tenere conto di queste letture qui riportate, che potremmo definire di critica “tradizionale”, alcune delle quali sono, almeno in parte, condivisibili, va detto tuttavia che esse non bastano a mettere chi si avvicina a quest’arte nella condizione di cogliere l’effettiva portata di questo dipinto in termini di contributo artistico-culturale, né in generale quella della pittura rinascimentale nel suo complesso.
Ciò che qui, e quasi sempre, manca nell’attività della critica d’arte, è il riconoscimento della qualità spirituale dell’arte sacra ed in generale dell’arte prodotta fino alla soglia del rinascimento. Mancano la disposizione, l’attitudine e la volontà di riconoscere ciò che, pur essendo celato nel messaggio artistico, ne rappresenta in effetti l’aspetto principale e conferisce alla bellezza dell’oggetto prodotto la sua intrinseca verità. Manca l’idea che l’attività artistica è stata, e dovrebbe continuare ad essere, un dono offerto all’umanità da parte di speciali personalità, capaci di rappresentare in forma di bellezza situazioni esemplari, che siano in grado di aiutare l’anima umana a completare il suo difficile cammino di evoluzione e crescita.
Chi ha avuto la fortuna di poter vedere la “Crocifissione” dal vivo, non cioè rappresentata in qualche forma di riproduzione, non può non aver colto innanzitutto il carattere evocativo e l’atmosfera quasi magica che da essa promana e di cui è possibile divenire partecipi.
I suoi colori, visti nella loro brillantezza originaria, costituiscono il primo dono che si offre, in forma di scoperta, a chi si trova al cospetto del dipinto.
Sono colori che furono studiati e creati apposta per agire nell’interiorità umana con sicurezza e precisione, andando a smuovere energie sottili, costruendo stati d’animo e generando vere e proprie forze trasformatrici. E noi possiamo provare ad osservarli a mente aperta, preparandoci a vivere un’ esperienza molto particolare(3).
E allora osservando l’oro, che illumina lo sfondo del dipinto, si avverte un senso di stabilità e protezione che riesce ad infondere sicurezza evocando la costante presenza attorno a noi del Mondo Spirituale superiore che organizza e regola i fatti della vita.
Osservando l’azzurro intenso, della veste di Maria, sentiamo attivare forze di pensiero, amoroso e cosciente, che ci predispongono ad accogliere intuizioni più elevate.
Osservando il rosso vivo, dell’abito della Maddalena, si comincia a sentire possibile l’incontro tra spirito e materia, ed il nostro animo si predispone al compimento del fare amoroso e creativo nella vita quotidiana.
Osservando il rosa, di cui è vestito il San Giovanni, l’animo di apre alla compassione, promuovendo sentimenti di tolleranza e ed indulgenza con cui l’interiorità umana arricchisce la sua componente più amorosa.
La scelta dei colori, il loro giusto tono, la luminosità, la brillantezza, rispondeva dunque, nell’intenzione dell’autore, ad un obbiettivo preciso, così come nulla di ciò che era presente nelle opere dei grandi maestri d’arte poteva essere dipinto, scolpito o costruito senza che avesse un ruolo nella deteminazione del loro senso complessivo.
In tali opere veniva riversata e trasmessa una saggezza antica, custodita nel corso dei tempi presso circoli iniziatici che spesso si ritrovavano nelle botteghe degli artisti, e che da un certo momento in poi ha cessato quasi completamente di essere interpretata correttamente ed adeguatamente compresa.
Ma nonostante tutto ciò che è stato detto fin qui, non è la croce ad essere protagonista in questo importante e celebrato dipinto, per quanto anch’essa fosse stata resa “vivente” dall’alberello spuntato in cima ad essa (e che era stato nascosto per tanto tempo da un malaugurato restauro).
Protagonista è invece la Maddalena, la cui figura si trova al centro della composizione ed in primo piano, accesa nella sua vivacità dall’abito rosso e nobilitata dal biondo-oro dei capelli sparsi sulla schiena.
Pare che nella fase iniziale essa non fosse presente nella composizione, e che sia stata inserita in un secondo momento da Masaccio, con l’effetto di sovvertire completamente il senso di tutta l’opera.
Il personaggio della Maddalena ha infatti di per sè un’importanza molto maggiore rispetto a quanto comunemente si pensi, che le deriva dalle tradizioni che si sono conservate del cristianesimo dei primi tempi, che aveva un carattere più spirituale.
Essa aveva mantenuto tale importanza nel culto cristiano-esoterico professato dai cavalieri Templari, in cui era ritenuta l’immagine archetipica dell’anima umana, vista nelle fasi che precedevano e seguivano l’incontro con il Cristo, nel corso della storia evolutiva dell’umanità.
Ed è proprio di quest’incontro, di questa scoperta che l’anima umana fa, imbattendosi nell’Amore puro che è sceso in terra nell’essere del Cristo, incarnatosi in Gesù di Nazareth, che si parla in questo dipinto.
Un incontro che letteralmente trasforma un’anima ordinaria in un’anima luminosa, accesa di passione nei confronti dell’Essere dell’Amore che, nel mostrarsi, ha regalato improvvisamente un senso nuovo alla sua esistenza.
La Maddalena veniva spesso rappresentata, e se ne trovano diversi esempi nei dipinti sacri medievali e rinascimentali, mentre compiva un gesto di devozione nei confronti del Cristo, rivolgendosi ai suoi piedi.
Tale gesto stava a simboleggiare la scoperta che l’anima faceva del percorso di Cristo in terra, della via dell’Amore puro sceso ad indicare la giusta direzione agli uomini.
A partire dal momento di quella scoperta la vita dell’anima sarebbe quindi cambiata, e quel percorso, una volta compreso fino in fondo, sarebbe diventato anche il suo percorso.
Devozione ed ammirazione si rivelavano dunque in quel gesto compiuto dalla Maddalena, al contrario di dolore e disperazione, colmando quella scena di un senso nuovo e vitale, cioè del suo vero senso, ed accendendo in chi lo guardava un rinnovato sentimento di fiducia e di speranza verso il destino umano futuro.
Un messaggio carico di positività ed aspettative di bene è quindi quello che ci trasmette questa “Crocifissione”, così come dovrebbe essere quello di ogni opera d’arte intesa nel suo significato originario ed autentico.
Ed un’immagine inedita di Masaccio pittore è quella che emerge dall’interpretazione di questa sua opera, che ce lo presenta non solo come innovatore di linguaggi e forme di espressione artistica, ma come profondo conoscitore del destino cosmico dell’uomo ed in grado di offrire un contributo positivo, grazie alle sue altissime capacità di artista, al destino evolutivo dell’umanità.
NOTE :
1) Giorgio Vasari, “Le vite de’ più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri”, Lorenzo Torrentino, Firenze, 1550.
2) Giulio Carlo Argan, “Storia dell’arte italiana”, Sansoni, Firenze, 1977.
3) Per approfondire il tema dell’azione dei colori sull’interiorità umana è utile riferirsi agli studi effettuati da Wolfgang Goethe e raccolti nel suo: “La teoria dei colori”.
Per quanto riguarda gli effetti dei colori sulla struttura umana più sottile sono invece di estremo interesse gli studi presentati da Fausto Carotenuto nell’ambito dei seminari sull’arte tenuti periodicamente a Castelgiorgio (Tr) presso l’accademia di Coscienzeinrete.
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