Ci siamo mai chiesti come facciamo a conoscere? Le cose che ci vengono dette, raccontate o che leggiamo sui libri diventano per noi conoscenza? E come facciamo invece ad imparare qualcosa dalle nostre esperienze?
In effetti l’essere umano ha un suo modo particolare di conoscere il mondo.
Da quando l’istinto, che un tempo egli aveva, non lo guida più nel fare le cose che meglio gli si addicono, l’uomo deve fare tesoro delle proprie esperienze, giuste o sbagliate che siano, ed elaborarle con i propri pensieri, per costruirsi un sapere che gli consenta di vivere nel mondo.
Seguendo le indicazioni date da Rudolf Steiner nella sua Scienza delle Spirito cerchiamo di riassumere brevemente in queste righe come si svolge nell’uomo il processo di conoscenza, così come noi lo possiamo interpretare e sperimentare direttamente.
« L’antipatia ci rende atti a comprendere,
la simpatia ci rende atti ad amare ».
Rudolf Steiner
La suddivisione dell’essere umano in corpo, anima e spirito, che si pone in continuità con l’antica visione sapienziale, pur non facendo parte ormai da diversi secoli della cultura “ufficiale”, trova riscontro nelle tre grandi facoltà proprie dell’uomo che gli derivano dalla sua natura superiore.
Tali facoltà, che l’uomo può utilizzare ogni qual volta intenda mettere in atto un qualsiasi proposito, sono: l’attività del pensare, che si svolge su di un piano di “rappresentazione” e che può assumere la forma del ragionamento logico, l’attività del sentire, per mezzo della quale l’uomo fa esperienza del mondo utilizzando i propri sensi, e l’attività del volere, che permette all’uomo di trasformare l’intenzione del fare in un’azione concreta e ad intervenire sulla materia modificandola secondo le sue intenzioni.
Queste tre facoltà agiscono in particolare nell’anima dell’uomo, che, dell’essere tripartito, costituisce la dimensione intermedia ed il luogo di incontro e mediazione tra l’entità superiore-spirituale e quella inferiore fisico-corporea.
Pensiero, sentimento e volontà sono quindi tipicamente collegati nell’uomo e destinati ad interagire.
Ne consegue che, per condurre un’esistenza piena ed equilibrata, sia richiesto all’uomo di far proprie queste tre facoltà sviluppandole in modo adeguato e sperimentandole compiutamente.
Se, per fare un esempio, noi dobbiamo svolgere un qualsiasi compito nella vita (cosa che in realtà avviene normalmente senza che vi poniamo attenzione) dobbiamo innanzitutto pensare a tale compito e comprenderne i vari aspetti, analizzando, se necessario, le parti di cui è composto.
Poi dobbiamo porre attenzione a come condurre a termine adeguatamente tale compito ed agli effetti che le nostre scelte possono determinare nell’ambiente attorno a noi e dentro di noi, rispetto all’obbiettivo che ci siamo prefissi.
Infine dobbiamo svolgerlo e portarlo a compimento, superando le difficoltà connesse con l’agire nella materia e mettendo in campo le risorse fisiche necessarie a tale scopo.
Ed è soltanto completando opportunamente ciascuna di queste tre fasi del lavoro, in funzione dell’obbiettivo che ci eravamo posti in partenza, che possiamo ritenere di arrivare ad un risultato che ci possa soddisfare, oltre ad aver messo alla prova i nostri propositi, le nostre conoscenze e la nostra sensibilità, valutandone alla fine l’efficacia.
Ora, se anche vogliamo basarci semplicemente sulle considerazioni che abbiamo fatto, appare chiaro come esercitare la sola attività intellettuale non sia sufficiente di per sé a compiere un’esperienza per noi significativa.
Se noi ci limitiamo a pensare, anche intensamente, a qualcosa, non possiamo far altro che riunire delle informazioni che abbiamo già raccolto e che prendiamo per buone, senza aggiungere alcunché di nuovo che derivi dalla nostra esperienza sensibile e dal nostro agire nella materia.
Quindi anche per compiere fino in fondo un’esperienza di tipo conoscitivo non si può ritenere di potersi limitare a fare dei ragionamenti o a raccoglere dei dati, per quanto esaustivi possano essere, senza poi essere coinvolti anche emotivamente e fisicamente nel processo e sperimentarli direttamente.
Per farci un’immagine più chiara di come il pensare, il sentire ed il volere interagiscano all’interno di un’unità di livello superiore giova riconoscere il fatto che l’organizzazione tripartita dell’essere umano si manifesta, rendendosi visibile, anche nel corpo fisico.
Osservando l’organismo umano, e limitandosi a ciò che è visibile ai sensi fisici, si nota che il “sistema della testa”, cui, a livello cerebrale, fanno capo i processi mentali di rappresentazione, è posto in una particolare corrispondenza antitetica con il “sistema degli arti e delle membra”, che sappiamo costituire la “sede” dell’agire e l’attività volitiva.
Entrambi questi sistemi si incontrano e si collegano reciprocamente tramite la parte mediana del tronco, a cui la testa, le braccia e le gambe e sono “fisicamente” attaccate, e da cui si snodano.
In questo luogo trova espressione la “sfera del sentimento”, e tutto è permeato e regolato dall’organizzazione ritmica data dal respiro e dalla pulsazione cardiaca.
Qui hanno la loro sede le forze del cuore, che si irradiano potentemente nei due sistemi contigui facendo crescere, nei pensieri e nelle azioni, l’elemento amoroso di attenzione verso l’altro da sé.
Qui si trova il vero motore che fornisce l’energia necessaria allo sviluppo morale delle coscienze e che conferisce qualità etica all’agire umano nel mondo.
Ma come avviene dunque questo incontro tra attività di pensiero e forze di volontà che presiedono al processo di conoscenza quando questo si presenta in modo compiuto? E come si consolidano nell’uomo quelle tracce conoscitive che entrano poi a far parte del processo di costruzione del sapere?
Tale processo si svolge nell’ambito del sentire, dunque nel sistema mediano del torace, che funge, per l’appunto come si diceva, da luogo di mediazione tra attività di pensiero e spinte volitive.
È qui che viene accolto e messo in relazione ciò che avviene, in termini conoscitivi, sui due fronti contrapposti.
Ed è da qui che le facoltà di pensiero e la capacità di agire vengono “fecondate” dalle forze del cuore, che trasmettono loro vitalità aggiungendo la necessaria qualità amorosa al loro manifestarsi.
Quando utilizza la facoltà di ragionamento, l’uomo conosce tramite il pensiero, lavorando, come abbiamo visto, su immagini riflesse già date.
Egli prende quindi in questo modo le distanze dalla realtà compiendo un gesto di separazione (antipatia), ed osservandola, per così dire, “dal di fuori”. Pensa a qualche cosa senza “farne parte”.
La conoscenza nata dalla sola attività di pensiero, che abbiamo visto provenire da esperienze già compiute in passato ed apparire come una combinazione logica di elementi dati, si consolida quindi nell’essere umano prima sotto forma di “memoria”, per poi assumere i caratteri del “concetto”.
Quando invece fa qualche cosa, l’uomo conosce tramite l’azione volitiva, facendo esperienza diretta e vivente di un qualunque fenomeno.
Egli esprime, in questo caso, un gesto di apertura verso ciò che intende conoscere, e quindi di comunione (simpatia) con il reale. Diventa, in pratica, parte attiva del fenomeno stesso.
La conoscenza nata dall’attività esperienziale-volitiva si presenta non come elemento già dato, ma in forma di “germe”, soggetta quindi a mutamento ed in grado di svilupparsi in futuro.
Animata dal desiderio di una trasformazione positiva, essa si evolve dapprima in “fantasia” per poi consolidarsi in “immaginazione”.
– O –
Lo scenario del processo conoscitivo si presenta dunque polarizzato, ed assegna all’orizzonte della piena conoscenza una posizione centrale che si estende all’interno di una dualità di processi naturali, in parte provenienti dal passato ed in parte tendenti al futuro.
Operativamente il processo si sviluppa in un veloce alternarsi ritmico di sentimenti di antipatia e simpatia verso quei fenomeni che si intende conoscere, che produce un susseguirsi di allontanamenti ed avvicinamenti, separazione e partecipazione, raffreddarsi e riscaldarsi, sguardo dal di fuori e comprensione profonda, che avvicina progressivanente l’uomo alla verità del oggetto della sua osservazione.
Tale verità può essere ricercata in modo libero all’interno di quell’orizzonte conoscitivo polarizzato, determinatosi tra attività intellettuale e volontà, assumendo, in un certo modo, il carattere di “punto di equilibrio” laddove questo viene a determinarsi per effetto di spinte di direzione opposta e tra loro contrastanti.
Qui l’attività di uno spirito nuovo, anche in senso pedagogico, può forgiarsi, operando sintesi sempre nuove, via via più precise, ed aderenti a verità.
Qui esso può agire liberamente, trovando sul campo tutti gli elementi necessari a compiere le proprie esperienza, e generando da sé, a partire dal suo innato desiderio di conoscenza, la propria forza e la propria sostanza.
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