Nell’introduzione al testo del “Romeo e Giulietta” di una classica versione edita da Mondadori vien fatto cenno allo “sviluppo psicologico dei protagonisti”ed alla loro complessiva “maturazione” che si manifesta con lo svolgersi della tragedia, e ci si sofferma in particolare sul carattere di Giulietta:
“All’inizio del primo atto è una ragazza giovanissima, che nulla sa dell’amore e che con esemplare modestia e rispetto filiale accoglie le allusioni materne ad un suo possibile matrimonio. Ma già nel secondo atto, (…) nel dialogo con Romeo si dimostra assai più consapevole e matura del suo innamorato: agli slanci poetici di questi risponde con uguale intensità di passione, ma rifiutando i giuramenti per fare appello alla sincerità del proprio amore e all’onestà di quello di lui (…)” (2).
Ma che interesse può avere mettere in evidenza questi aspetti “evolutivi” del carattere dei due personaggi principali se alla fine quest’opera viene interpretata soltanto come una grande tragedia passionale, per quanto elaborata e suggestiva essa sia?
Non sembrano piuttosto irrealistici ed apparentemente scollegati rispetto all’intreccio tali cambiamenti “psicologici” che effettivamente si verificano e che, in pratica, si manifestano nell’arco di pochissimi giorni, quelli durante i quali l’azione si svolge fino al raggiungimento del tragico esito finale?
In realtà, come in altri casi da noi esaminati (3), anche quest’opera di Shakespeare nasconde delle sorprese, e mostra di poter essere interpretata su piani diversi che non siano quello letterale che ci presenta la storia dei due sfortunati amanti, traditi da una serie di circostanze avverse che impediscono loro, drammaticamente, di rendere duratura la propria unione.
Il “Romeo e Giulietta” è infatti, se letto più in profondità, anche una storia dell’Anima.
Una storia che vede i vari personaggi interpretare ruoli corrispondenti a quelli delle parti strutturali più sottili dell’interiorità umana, descritti nelle varie fasi della loro storia evolutiva.
Ruoli archetipici, carichi di significati, che fanno capo a conoscenze profonde e che possono mettersi al servizio, se lo si desidera, del difficile ed appassionante lavoro della comprensione di sé e dei misteri del mondo dello Spirito.
La bella Verona (fair Verona), in cui si ambienta la vicenda, diventa in questa prospettiva l’anima umana, ed il Principe Della Scala è il suo Spirito, che si occupa di lei e che si assume la responsabilità di garantirne la sicurezza e la serenità.
E sono proprio la sicurezza e l’integrità dell’anima ad essere minacciate dal confronto fra due famiglie dominanti, i Montecchi ed i Capuleti, che rappresentano altrettante forze animiche, polari e contrastanti, di carattere fortemente passionale, che sembrano ancora alimentate da motivazioni provenienti da un antico passato.
Significativa è, a questo proposito, la reazione impulsiva di Tebaldo, nipote di Donna Capuleti, alla vista di Romeo (figlio di Montecchi) introdottosi nascostamente alla festa di famiglia alla ricerca della donna amata:
“Fetch me my rapier, boy. What, dares the slave
Come hither, cover’d with an antic face,
(…)
Now, by the stock and honour of my kin,
To strike him dead I hold it not a sin.” (4)
[Vammi a prendere la spada, ragazzo. Come? Quel vile
ha il coraggio di venire qui con il volto coperto da un’antica maschera,
(…)
Ebbene, per la nobiltà e l’onore della mia stirpe
credo di non commettere peccato se lo colpisco a morte.]
Ma quali sono queste forze originarie, che riprendono quasi gli stessi nomi (Montecchi e Cappelletti) citati da Dante nel VI canto del “Purgatorio” per indicare due famiglie rivali, l’una ghibellina e l’altra guelfa, che si contrappongono pressoché ignorando i motivi dell’odio che ancora le divide?
Sono forze apparentemente indistinte, che hanno perso negli anni la propria caratterizzazione evidentemente abbrutitesi per via dell’odio e del rancore coltivato nel corso del tempo.
Forze permanentemente contrapposte che sono diventate ormai, cresciute a sufficienza, di ostacolo alla vita ed all’ulteriore sviluppo dell’anima umana.
Ma è proprio dal ventre di queste forze, di queste correnti impetuose, ormai fortemente individualizzate per via dei conflitti passati, che sorgono inaspettatamente due diramazioni dalle qualità più elevate e rivolte al futuro. Forze nuove e rivelatrici della loro matrice originaria che vengono condotte allo scoperto da una terza, poderosa, forza di certa origine celeste (Prodigious birth).
Le due forze assumono i volti di Romeo e Giulietta, che rappresentano dunque due princípi, mediante i quali l’umanità è cresciuta individualizzandosi e sviluppando il pensiero, e che ora sono pronti a superare la contrapposizione che li ha a lungo tenuti lontano per ricongiungersi ad unità. Essi sono il principio maschile ed il principio femminile.
Sono princípi che si manifestano come forze agenti nell’anima umana, ed alle quali si è unito l’Amore aggiungendo quella qualità necessaria, volta nella giusta direzione, per condurle infine al ricongiungimento.
Maschile e femminile sono esse stesse qualità dell’anima, dal carattere diverso e complementare, se viste nella loro dimensione originaria, non deformate cioè da condizionamenti successivi.
Una forza diretta a fare il nuovo nel mondo, modificando se necessario ciò che esiste, quella maschile. Ed una forza saggia, capace di accogliere e di conoscere, quella femminile.
Entrambe hanno lungamente ed alternativamente prevalso sia nel corso della storia evolutiva dell’anima individuale che, allo stesso modo ed in parallelo, in quello dell’umanità in generale.
Cosa ci racconta allora questa storia appassionante che riguarda direttamente ciascuno di noi e le vicende della nostra interiorità?
Ci dice che Romeo, la nostra parte maschile, ha già intrapreso da qualche tempo un percorso di cambiamento che lo ha condotto ad “intuire” i limiti dell’amore inteso quale esclusivo veicolo di passioni, che viene invece sostenuto come tale dal “materialista” Mercuzio, ed il senso delle incomprensioni con l’amata Rosalina, ricca soltanto di una bellezza, anch’essa materiale, destinata ad esaurirsi con la morte fisica.
E ci dice anche di Giulietta, cui viene proposto in sposo dai genitori (che rappresentano il di lei passato) il Conte Paride, che, in modo analogo, non intende affidarsi al solo sguardo (da intendersi quale attività sensoria) per capire se si tratti di un “partito” giusto per lei, e quindi concedersi a lui come consorte.
Entrambi, Romeo e Giulietta, si presentano dunque come “avanguardie”, come forze in trasformazione, cui per incontrarsi ed avviare il cambiamento decisivo verso il ricongiungimento serve l’intervento di una forza esterna, capace di compiere miracoli. Ed ecco quel che dice Giulietta a questo proposito:
“Prodigious birth of love it is to me
That I must love a loathed enemy.” (5).
[O sovrumana forza d’amore,
tu mi fai amare il nemico che odiavo.]
Dal momento del loro incontro la vicenda di Romeo e Giulietta si compie simultaneamente su due piani: quello materiale e quello dello Spirito, che risulta però comprensibile ad essi soltanto.
Romeo vede in lei la sua parte divina, paragonandola ad una bianca colomba (archetipo della purezza) (6) e quindi al Sole (principale archetipo divino) invitandola a sbarazzarsi dell’invidiosa luna (intesa quale portatrice degli elementi passionali inferiori) (7).
La stessa luna su cui Giulietta lo invita a non giurare (inconstant moon), ma a giurare piuttosto su sé stesso: “(tu) che sei il dio (il suo Spirito) che il mio cuore ama (which is the god of my idolatry) (8).
Essi sono legati ora da un “incantesimo di sguardi” (charm of looks) (9) e gli stessi baci che si scambiano sono senza peccato e paragonabili a dei gesti sacrali (You kiss by th’book) (10).
Entrambi conoscono allora la potenza dell’Amore e ne sperimentano il carattere divino, per il quale amando, lo stesso amore aumenta al punto da non avere limiti:
“My bounty is as boundless as the sea,
My love as deep: the more I give to thee
The more I have, for both are infinite.” (11).
Dunque tutto è pronto a che si compia il miracolo della riconciliazione, su un piano più alto, di quanto era stato diviso in funzione della crescita umana, e Frate Lorenzo, che rappresenta la componente dell’anima più vicina al mondo spirituale, è disponibile ad aiutare la cosa precisandone il senso più profondo, che è quello di far mutare in sincero amore l’odio delle due famiglie:
“In one respect I’ll thy assistant be;
For this alliance may so happy prove
To turn your households’rancour to pure love” (12).
Ma ciò che deve compiersi su di un piano più elevato (significativo a questo proposito il simbolismo del balcone su cui si trova Giulietta e della scala necessaria a Romeo per raggiungerla) comporta un sacrificio che deve aver luogo ad un piano inferiore (la cripta dei Capuleti) ed è preceduto dalla finta morte di Giulietta che eccheggia il superamento di una prova iniziatica, che la giovane affronta di sua iniziativa, pur aiutata dal mondo spirituale (con l’appoggio di Frate Lorenzo).
Si compie dunque il percorso di riconciliazione tra maschile e femminile, che vede progressivamente il primo “femminilizzarsi”:
“Art thou a man? Thy form cries out thou art
Thy tears are womanish (…) (13).
[Sei un uomo? L’apparenza lo afferma, ma le tue sono lacrime di una donnetta …].
Ed il femminile sempre più capace di decisioni autonome.
Ma il passo finale non potrà esser compiuto se non attraverso l’abbandono della corporeità, cioè la fine terrena dell’io inferiore, e la “liberazione” della parte spirituale dell’essere, attuabile solo a seguito del concatenarsi di una serie di circostante “avverse”.
I due innamorati “nati sotto contraria stella” (14) devono infatti portare a termine il percorso terreno (inteso come ciclo delle reincarnazioni), irto di difficoltà e carico di apparenti contraddizioni, immergendosi fino in fondo nella materia.
Ma il dramma è destinato a sciogliersi, come anticipato da Baldassarre quando descrive a Romeo la condizione di Giulietta che ha già bevuto la pozione:
“Her body sleeps in Capel’s monument,
and her immortal part with angels lives.” (15).
[Il suo corpo riposa nella cappella dei Capuleti (dopo aver esaurito il suo compito N.d.R.)
e la sua parte immortale vive con gli angeli.]
Ed ecco che lo Spirito, rappresentato dal Principe di Verona, invita Frate Lorenzo, la parte più elevata e consapevole dell’anima, a ripercorrere a ritroso le fasi della tragedia (lo invita a rivedere la vita appena trascorsa):
“Then say at once what thou dost know in this.” (16).
E che sollecita tutti i presenti (l’intero essere umano) ad un ulteriore approfondimento ed a capire quanto di buono è stato fatto in questa vita e destinato a restare:
“Go hence to have more talks of these things;
some shall be pardon’d, and some punished;” (17).
Ma non prima di aver rincuorato il vecchio Montecchi, la parte dell’anima ancora legata al passato, che ancora non comprende il senso di quanto accaduto ed è quasi sopraffatto dal dolore, sollecitandolo a tenere a freno le reazioni di sentimento ed a rivolgere alla vita uno sguardo più attento e profondo, per allargare l’orizzonte all’intero disegno cosmico di cui tutti sono parte e che attende di essere riconosciuto:
“Seal up the mouth of outrage for a while,
Till we can clear these ambiguities
And know their spring, their head, and their true descent;” (18).
[Calma per un momento la tua disperazione
fino a che riusciremo a chiarire questi fatti
e a conoscerne l’origine, la forza, e il vero scopo.].
NOTE:
1) “Devo andare e vivere, o restare e morire”.
2) William Shakespeare, “Romeo e Giulietta”, Trad. di Salvatore Quasimodo – Introd. di Paolo Bertinetti, Mondadori, Milano, 2001.
3) “C’E` DEL MARCIO IN DANIMARCA” – Il Principe Amleto e le vicende dell’anima umana.
4)Shakespeare, “Romeo and Juliet”, I–V.
5)Ibid. I-V.
6)Ibid. I-V.
7)Ibid. II-II.
8)Ibid. II-II.
9)Ibid. II prologo
10) Ibid. I-V.
11) Ibid. II-II.
12) Ibid. II-III.
13) Ibid. III-III.
14) Ibid. prologo
15) Ibid. V-I.
16) Ibid. V-III.
17) Ibid. V-III.
18) Ibid. V-III.
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