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Riprendendo il discorso cominciato nel nostro precedente articolo, in cui si metteva in evidenza l’importanza delle fiabe e la loro complessa origine (1), vogliamo qui presentare una possibile lettura di una di queste, partendo dall’analisi diretta del suo testo.

Ma prima di cominciare ad occuparci di ciò che sta dietro al significato letterale delle immagini descritte, con cui la fiaba si presenta, occorre ricordare qual’è l’argomento di cui le fiabe trattano ed attorno a cui viene costruito il loro racconto.

Senza conoscere quale sia tale argomento non è infatti possibile risalire ad alcuno dei significati specifici di ciò che nella fiaba è rappresentato.

Le fiabe sono, se vogliamo essere estremamente sintetici, delle storie dell’anima umana.
E dell’anima umana esse si occupano in vari modi, descrivendone le vicende vissute nel corso di una lunga storia evolutiva.

Le fiabe sono, per questo motivo, portatrici di una forma di sapienza originaria, che comprende e descrive la storia ed il destino umano nei suoi aspetti sia sensibili che soprasensibili, e che però non si presenta a noi direttamente accessibile come tale, ma si trova nascosta e mediata tra la parti di un racconto che si snoda articolandosi per immagini.

Tale sapienza, attraverso una lettura attenta, può esser fatta affiorare rendendola comprensibile, facendo però attenzione in modo da conservare alla fiaba il suo spirito originario.

La fiaba infatti vive comunque, dei suoi semplici contenuti e delle sue atmosfere, anche senza che la parte concettuale più profonda si riveli in modo esplicito.

Ma soltanto nel momento in cui la giusta chiave interpretativa viene ritrovata, essa sblocca e disserra qualcosa di simile ad una vecchia serratura, inceppata ormai da troppi anni, e ci mostra, della fiaba, il vero significato.

– O –

Ne “La palla di cristallo”, tratta dalla raccolta dei fratelli Grimm (2), troviamo una descrizione di fatti accaduti in un tempo remoto, non precisato, di dimensioni cosmiche (definito dall’espressione “C’era una volta”).

È l’epoca in cui un’anima antica, la maga, dominata da sentimenti di possesso e dominio, cerca di impedire che si compia il passaggio evolutivo ad una fase nuova, quella dell’amore fraterno, che sarà vissuta dai suoi tre figli.

È l’epoca in cui uno spirito nuovo, di origine divina, scende a riorganizzare la vita dell’anima liberandola dalla subalternità. In cui tre princìpi di qualità elevata giungono per combinarsi ad un grado di superiore unità, suscitando la reazione di coloro che al compimento di tale unità hanno la ferma intenzione di opporsi.

I tre princìpi sono, nella fiaba, impersonati dai tre fratelli, che manifestano le proprie caratteristiche sia nell’immagine che essi assumono, sia nei loro successivi comportamenti : l’aquila, che rappresenta il pensiero (il fratello maggiore), la balena, che rappresenta il sentimento (il secondo fratello) e la volontà espressa nell’azione umana, interpretata dal terzo fratello, che, pur essendo il più giovane è quello che detiene le forze necessarie per sbloccare e risolvere la situazione.

Il sortilegio compiuto dalla maga trasformando i propri figli, così come quello compiuto dal mago che tiene prigioniera la principessa, è un passaggio caratteristico del racconto fiabesco, che interviene rappresentando l’ostacolo (o l’evento karmico) che si oppone al cambiamento. Esso deve essere affrontato dall’ eroe (che rappresenta lo spirito in crescita) e quindi superato, per salire un gradino dell’immaginaria scala dell’evoluzione umana.

Lo scioglimento di un incantesimo è un evento sempre possibile nel mondo rappresentato dalle fiabe, ma può aver luogo soltanto a seguito del compiersi di una ben precisa azione umana che richiede volontà e coraggio per essere portata a termine.

Wilhelm and Jacob Grimm, 1847

Il fratello minore, sottrattosi per tempo alla trasformazione in bestia feroce (che avrebbe significato rivolgere la propria attitudine al fare verso l’egoismo e la predazione) è dunque colui che sceglie di tentare la liberazione della principessa.

Ma chi è la principessa ? E perché è prigioniera nel Castello del Sole d’oro ?

La principessa è precisamente l’immagine dell’anima, tenuta prigioniera dalle forze anti-risveglio e che attende la liberazione.

Essa è rinchiusa in un castello che, essendo in realtà l’immagine del corpo fisico umano, ha in sé i caratteri della creazione divina (il Sole d’oro), pur continuando ad essere prigione fin tanto che l’incantesimo non viene sciolto.

Il cammino da compiersi per la liberazione è lungo e complesso, ma la giovane volontà dello spirito (l’io superiore, che desidera incarnarsi) ha con sé tutti gli strumenti per giungere fino in fondo all’impresa.

Ecco allora che nel “gran bosco” delle passioni umane esso incontra i giganti, che sono immagine delle forze umane primordiali, ancora incapaci di autogovernarsi.

Essi rappresentano l’antica coscienza umana, in cui le forze dell’intelletto non sono ancora maturate, e che deve appoggiarsi ad un giudizio esterno per decidere della propria sorte.

Essi sono forze del passato, il cui superamento da parte dell’umanità è già stato rappresentato in modo archetipico da Omero nell’episodio di Ulisse che incontra il ciclope Polifemo.

L’incontro con i giganti è però l’occasione che permette al protagonista della fiaba di acquisire un dono inaspettato rivelatosi poi indispensabile : quel “cappello”, immagine della conoscenza intuitiva, che era nella disponibilità dei giganti ma che essi non erano in grado di utilizzare proficuamente.

Così il giovane eroe riesce a raggiungere, grazie al cappello magico, il castello del Sole d’oro, e sperimenta direttamente le condizioni dell’anima (la principessa) imprigionata da forze di natura inferiore.

La principessa gli appare brutta, anche se in realtà non lo è, perché egli, come tutti coloro che non hanno conquistato una coscienza matura, ne ha un’immagine deformata.

La bellezza infatti, nell’immaginario fiabesco, è rivelatrice di alta qualità morale. Ma l’alta moralità non è accessibile fintanto che l’incantesimo non è sciolto, e la sola parte dell’anima visibile è quella più bassa, prigioniera degli egoismi e delle passioni incontrollate. Per questo il giovane non può che inorridire al vederla.

Soltanto uno sguardo chiaroveggente, quello riflesso in uno “specchio che non s’inganna”, può temporaneamente riconoscere la qualità divina che è caratteristica della parte più elevata dell’anima, la cosiddetta anima cosciente.

Appare chiaro che la liberazione della principessa non è cosa semplice e che effettivamente “bisogna rischiar la vita”, nel senso che va messo in gioco ciò che fino a questo momento si è considerato il bene più importante, e compiere una sorta di rovesciamento dei valori. Ma non è certo il coraggio (la forza del cuore) a far difetto al giovane spirito in crescita.

Ciò che invece gli occorre è una guida che gli descriva il percorso da compiere, che gli spieghi cosa fare e come comportarsi nelle diverse situazioni. E quella guida è la principessa.

“Saprai tutto” ella risponde alle richieste del giovane, presentandosi così in quello che è effettivamente il suo doppio ruolo : da un lato l’anima in crescita che attende di essere liberata, e dall’altro la Sophia, la saggezza divino-femminile in grado di guidare il percorso dello spirito in direzione dei mondi superiori.

La principessa rappresenta dunque qui, facendo un altro utile paragone, quella stessa Sophia che Dante, nella Commedia, ha descritto nella figura, anch’essa archetipica, del personaggio di Beatrice, che guida il protagonista fin quasi al vertice delle gerarchie angeliche.

La sequenza di prove da superare, che la principessa descrive al giovane, sono l’equivalente di un percorso iniziatico.

Vi è una discesa alla sorgente, sede delle forze vitali, dove le forze metabolico-passionali, ancora non controllate, rappresentate dal bisonte selvaggio, devono essere messe in condizione di non nuocere.

Superato questo passaggio lo spirito deve svolgere un lavoro ad un livello più sottile, ed impedire che un pensiero deviato (l’uccello di fuoco) porti con sé o distrugga (nell’uovo ardente) il bene più prezioso, ciò che permette di sciogliere l’incantesimo.

La palla di cristallo, che l’uccello di fuoco nasconde al proprio interno e cerca di sottrarre, rappresenta appunto quel livello di coscienza più elevato, quella qualità interiore da conquistarsi grazie al superamento di tutte le esperienze terrene, che sola può consentire la liberazione della principessa.

Il terzo fratello affronta dunque il percorso, e quando, dopo aver superato da solo l’ostacolo del bisonte, si tratta di impadronirsi della palla di cristallo ecco giungere in suo aiuto i due fratelli : il pensiero elevato e le forze del cuore che unendosi alla buona volontà portano a compimento l’impresa.

Quando poi il giovane fratello si presenta al cospetto del mago, è il mago stesso a riconoscergli i suoi meriti ed a nominarlo “re nel castello del Sole d’oro”, mostrando in questo modo la propria appartenenza ad un piano evolutivo di ordine superiore ed, in fondo, la propria condivisione degli obbiettivi di quel piano.

Lo scioglimento dell’incantesimo, coronato dall’unione dei due giovani, l’unione tra anima e spirito, prefigura in semplici immagini il compimento dell’evoluzione umana, che coincide nella visione esoterica con la nascita della decima gerarchia angelica.

Il “finale gioioso”, con cui la fiaba si conclude, non necessita di ulteriori precisazioni e lascia che il buon esito del racconto funga da riequilibratore delle tensioni accumulatesi nel corso dell’azione e faccia da termine conclusivo al ritmo degli avvenimenti (3).

Si scopre così che il senso profondo della fiaba si rivela, per alcuni forse inaspettatamente, anche nel suo lieto fine, come se un’ antica saggezza volesse confidarci che, seppur di fronte alle difficoltà della vità, scegliamo di affidarci alla buona volontà per compiere, con le nostre capacità, ciò che riteniamo giusto, tutto, in fondo, sta andando bene, ed è destinato a finire bene.

NOTE :

1) https://ilquartore.wordpress.com/2022/10/26/chi-ha-scritto-le-fiabe-da-dove-vengono-dove-ci-portano-e-perche-sono-importanti-nella-nostra-epoca/

2) Jacob e Wilhelm Grimm, “Fiabe”, Einaudi, Torino, 1951.

3) vedi anche a questo proposito : Gisela Fugger, “Introduzione al linguaggio immaginativo delle fiabe”, Edizioni Arcobaleno, Milano, 2015.

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