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Rappresentazione teatrale in atto unico a cura della settima classe della Scuola Waldorf Como – Cantù – Al termine dell’ Anno Scolastico 2021-22.

Scena prima

Nella foresta. Dante è coricato e dorme agitandosi, di tanto in tanto, nervosamente.

Voce narrante : Era la notte tra il 7 e l’8 aprile del 1300 quando Dante Alighieri, il più grande poeta che l’Italia abbia avuto, dopo aver sistemato le carte su cui aveva studiato fino a tarda ora, era andato a coricarsi in preda ad una strana agitazione.

Non era la prima volta che faceva fatica ad addormentarsi, forse per via dei disordini che a Firenze avvenivano di frequente, causati dalle fazioni politiche contrapposte in perenne conflitto tra di loro, e delle quali anche lui, suo malgrado, faceva parte.

Dante, che in passato aveva addirittura combattuto in armi contro i rivali ghibellini, aveva in realtà dei pericolosi nemici anche dentro alla sua stessa corrente. Erano i guelfi neri, i conservatori alleati del Papa, che già da tempo tramavano contro di lui e tentavano di eliminarlo.

E sarebbero stati proprio loro, quei nemici, di lì a due anni, dopo aver preso il potere a Firenze e sotto la minaccia di una condanna al rogo, a costringerlo ad un esilio definitivo dalla sua città.

Stacco musicale. Dante comincia a svegliarsi, apre gli occhi ma non vede nulla, si muove a tentoni.

Voce narrante : Ad un certo punto, come se si fosse risvegliato dai suoi sogni inquieti, Dante apre gli occhi, cerca nervosamente la candela che aveva appoggiata sul comodino ma non la trova, si alza ed inizia a vagare confusamente, senza vedere nulla.

Poi un po’ alla volta i suoi occhi cominciano ad abituarsi all’oscurità, Dante si guarda intorno e scorge delle sagome enormi, altissime, che lo circondano da tutte le parti, come se un gruppo di giganti cercasse di farlo prigioniero.

Poi si accorge che no, non sono giganti, sono soltanto alberi, ma i loro rami sono talmente fitti ed intricati che è quasi impossibile passarci in mezzo, e Dante, che vorrebbe muoversi da dove si trova, è spesso costretto a tornare sui suoi passi.

Ma ecco, finalmente, una luce, che sorgendo alla sua sinistra e incominciando a filtrare attraverso ai rami, gli infonde un po’ di coraggio, e lo convince a incamminarsi in quella direzione.

Stacco musicale. Dante inizia ad arrampicarsi su dei gradoni. Da dietro spuntano le sagome delle tre fiere, una alla volta, che lo terrorizzano, obbligandolo a retrocedere.

Voce narrante : La strada inizia a salire. Dante si è appena lasciato alla spalle la foresta in cui aveva rischiato di perdersi quando ecco comparire davanti a lui uno strano animale deciso a sbarrargi il passo.

Sembra una lince, o qualcosa di simile ad un enorme gatto, che salta davanti a lui in continuazione facendo brillare il suo mantello variopinto ed impedendogli di proseguire.

Poi, uscendo da dietro a un cespuglio, gli si avvicina un enorme leone, orgoglioso e feroce, che lo atterrisce con il suo ruggito.

Ed ecco infine una lupa, magra ed affamata sì, ma dall’aspetto così famelico e spietato da togliere a lui la speranza di continuare il cammino :

Dante, costretto dalle tre belve a retrocedere, si lascia andare allo sconforto e commenta tra sé con amarezza :

« E qual’è quei che volontieri acquista
e giugne ‘l tempo che perder lo face,
che ‘n tutti i suoi pensier piange e s’attrista ;

tal mi fece la bestia sanza pace,
che, venendomi ‘ncontro, a poco a poco
mi ripigneva là dove ‘l sol tace ».

Stacco musicale. Buio in sala tranne che su Dante che indietreggia goffamente guardandosi attorno. Le fiere si allontanano rimanendo sullo sfondo. Poi, sul lato opposto della scena inizia ad intravedersi Virgilio.

Voce narrante : Dante a questo punto sembra rassegnato, dopo aver incontrato le tre belve si è reso conto di non potercela fare da solo.

La speranza di poter uscire dall’oscurità, di poter finalmente capire qualcosa di più del destino suo e di quello di tutti gli uomini, di poter dare un significato alla vita ed alle sofferenze che in essa si debbono affrontare, sembra perduta per sempre.

Ma ecco, inaspettatamente, in quell’orizzonte tetro e desolato, apparire la sagoma di un uomo.

Dante, forse pensando ad una guida, o comunque a qualcuno a cui potersi affidare, decide di rivolgersi a lui senza esitazioni.

Dante : « Miserere di me » , (…)
« qual che tu sii, od ombra od omo certo ! ».

Virgilio : «  Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patrïa ambedui.

Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto
nel tempo de li dèi falsi e bugiardi.

Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia,
poi che ‘l superbo Ilïón fu combusto.

Ma tu perché ritorni a tanta noia ?
Perché non sali il dilettoso monte
ch’è principio e cagion di tanta gioia ? ».

Dante, dopo un attimo di smarrimento, replica con enfasi ed ammirazione.

Dante : « Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume? ».

« O de li altri poeti onore e lume.
Vagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.

Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore,
tu se’ solo colui da cui io tolsi
lo bello stile che m’ha fatto onore.

Vedi la bestia per cu’ io mi volsi ?
(indica il punto dove si trovava la lupa)
Aiutami da lei famoso saggio.
Ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi ».

Virgilio : «  A te convien tenere altro vïaggio »,
(breve pausa)
«  se vuo’ campar d’esto luogo selvaggio ;

ché questa bestia, per la qual tu gride,
non lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ‘mpedisce che l’uccide ;

e ha natura sì malvagia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo il pasto ha più fame che pria ».

(breve pausa)

Le fiere escono. La lupa cerca di restare. Le altre la trascinano via.

« Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu mi segui, e io sarò tua guida,
e trarrotti di qui per loco etterno ;

ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
che la seconda morte ciascun grida ; »

Dante segue Virgilio e i due escono lentamente conversando tra loro.
La luce diminuisce. La scena cambia.

Scena seconda

Breve preludio musicale.
Virgilio è seduto su uno scranno al centro.
Dante gli gira attorno nervosamente.

Voce narrante : Dante riconosce così in Virgilio colui che potrà essere la sua guida, colui che liberandolo dagli ostacoli opposti dalle tre fiere lo potrà condurre con sé alla scoperta del mondo invisibile. Quel mondo dello Spirito di cui sapeva l’esistenza e che tanto desiderava conoscere.

Allo stesso tempo, però, i dubbi iniziano ad assalirlo, e Dante non è più convinto di potercela fare.

Egli sente improvvisamente la paura di trovarsi di fronte a ciò che non conosce, e l’idea di non essere all’altezza del compito che lo attende gli impedisce di decidersi a seguire Virgilio.

Dante : « Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s’ell’ è possente,
prima che all’alto passo tu mi fidi.

Tu dici che di Silvïo il parente,
corruttibile ancora, ad immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.

Però se l’avversario d’ogne male
cortese i fu, pensando all’alto effetto
ch’uscir dovea di lui, e ‘l chi e ‘l quale,

non pare indegno ad omo d’intelletto ;
ch’ e’ fu de l’alma Roma e di suo impero
ne l’empireo ciel per padre eletto : »

(…)

« Ma io, perché venirvi ? o chi ‘l concede ?
Io non Enea, io non Paulo sono ;
me degno a ciò né io né altri crede.

Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle.
Se’ savio ; intendi me’ ch’i’ non ragiono ».

Voce narrante : Virgilio conosce la situazione in cui Dante si trova. Egli sa che la paura può nascere dal non sapere come stanno le cose e può arrestare qualsiasi azione.

E allora cerca di infondere coraggio al suo allievo raccontandogli il motivo per cui egli è venuto a soccorrerlo.

Virgilio spiega a Dante che tre grandi figure femminili hanno a cuore il suo destino, ed una in particolare, l’amata Beatrice, è colei che è scesa dal Cielo superiore proprio per far sì che egli potesse compiere il suo viaggio.

Virgilio : « S’i’ ho ben la tua parola intesa »,
(breve pausa)
« l’anima tua è da viltade offesa ;

la qual molte fiate l’omo ingombra
sì che da onorata impresa lo rivolve,

(…)

Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’io venni e quel ch’io ‘ntesi
nel primo punto che di te mi dolve.

Io era tra color che son sospesi
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi. »

Entra in scena Beatrice, lentamente, con grazia ed un certo distacco.
Virgilio si alza e si rivolge verso di lei.
Dante sorpreso, con attenta ammirazione si siede in disparte.
Breve preludio musicale.

Virgilio : « Lucevan gli occhi suoi più che la stella ;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce in sua favella : »

Beatrice : «  O anima cortese mantoana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto ‘l mondo lontana,

l’amico mio, e non de la ventura,
ne la diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volt’è per paura ;

e temo che non sia già sì smarrito,
ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch’i’ ho di lui nel cielo udito.

Or movi, e con la tua parola ornata
e con ciò c’ha mestieri al suo campare,
l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata.

I’ son Beatrice che ti faccio andare,
vegno del loco ove tornar disio ;
amor mi mosse, che mi fa parlare.

Quando sarò dinanzi al segnor mio,
di te mi loderò sovente a lui ».

Voce narrante : Beatrice parla di sè, e del motivo per cui è scesa direttamente in terra, senza timore di trovarsi nel mondo delle passioni inferiori, così distante dalla realtà celeste.

Ella spiega che fu Maria, tramite santa Lucia, a sollecitare il suo intervento, affiché Dante fosse soccorso quando si trovava in difficoltà. E trasmette a Virgilio l’incarico di occuparsi di lui affidandosi alla qualità della sua parola ed alla sua nobile figura di poeta.

Beatrice : «  Temer si dee di sole quelle cose
c’ hanno potenza di fare altrui male ;
de l’altre no, ché non son paurose.

I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d’esto ‘ncendio non m’assale.

Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo ‘mpedimento ov’io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.

Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse : – Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.

Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco ov’io era,
che mi sedea con l’antica Rachele.

Disse : – Beatrice, loda di Dio vera,
ché non soccorri quei che t’amò tanto,
ch’uscì per te dalla volgare schiera ?

(…)

Al mondo non fur mai persone ratte
a far lor pro o a fuggir lor danno,
com’io, dopo cotai parole fatte,

venni qua giù del mio beato scanno,
fidandomi del tuo parlare onesto,
ch’onora te e quei ch’udito l’hanno ».

Sottofondo musicale.
Beatrice si allontana così come era arrivata.
Virgilio si inchina con rispetto e deferenza e quindi torna a sedersi sullo scranno.

Dante, che ha assistito alla scena con attenzione, si alza rinfrancato ed inizia a camminare avanti e indietro in attesa di prendere la parola.

Voce narrante : Virgilio, dopo aver completato il suo racconto, si rivolge quindi a Dante restando in attesa di una sua risposta.

Sarà disposto ora a farsi guidare da lui per conoscere l’inferno in terra, fino a giungere là dove le anime degli uomini, ancora prigioniere delle loro passioni più basse, sentono e debbono sopportare le conseguenze del loro agire ?

Vorrà salire quindi con lui al monte del purgatorio, per visitare i luoghi in cui quelle anime, che hanno compreso i propri errori, lavorano faticosamente per crescere ancora ?

Soltanto in Paradiso Virgilio non potrà accompagnare Dante, essendo lui stesso legato dal destino ad una condizione di paganesimo pre-cristiano che non gli consente di salire oltre.

Quel compito, così importante, sarà svolto dall’amata Beatrice, simbolo della conoscenza superiore che Dante alla fine incontrerà, sorretto dalla fede nella Coscienza Universale che tutto muove e di cui farà esperienza diretta proprio al termine del viaggio.

Un viaggio per lui cominciato più di settecento anni fa e che ancora è vivo, e si rinnova, se lo vogliamo, ricominciando in maniera sempre diversa nella fantasia di ognuno di noi.

Dante interviene con una certa enfasi declamatoria rivolto prima al cielo e poi a Virgilio, e chiude rivolgendosi al pubblico.

Dante : « Oh pietosa colei che mi soccorse !
E te cortese che ubbidisti tosto
a le vere parole che ti porse !

Tu m’hai con disiderio il cor disposto
sì al venir con le parole tue,
ch’i’ son tornato nel primo proposto.

Or va, ch’un sol volere è d’ambedue :
tu duca, tu segnore e tu maestro ».
(qui con tono più confidenziale, rivolto al pubblico)
Così li dissi ; e poi che mosso fue,
intrai per lo cammino alto e silvestro.

Fine della rappresentazione e chiusura sipario.

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